Il disegno di
legge S1021 "Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
e norme sul sistema radiotelevisivo"
contiene un passaggio di grande interesse per la discussione
sulle "regole di Internet".
Nel testo approvato dal Senato il 22 maggio scorso e passato alla Camera (dove
si prevede che sarà modificato, con la conseguenza di un secondo esame del
Senato) è stata aggiunta una disposizione che non appariva nel testo originario
presentato dal Ministro delle poste e telecomunicazioni nel luglio dello scorso
anno. In questo si leggeva infatti all'art. 1, comma 4, lettera A, n. 1): [La
commissione per le infrastrutture e le reti] cura la tenuta del registro degli
operatori di comunicazione al quale si devono iscrivere, in virtù della
presente legge, i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione
in base alla vigente normativa da parte dell'Autorità o delle amministrazioni
competenti, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante
impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani o
periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e
televisivi, nonchè le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o
riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale; nel registro sono
altresì censite le infrastrutture di diffusione operanti nel territorio
nazionale. Nel testo approvato è stata aggiunta, dopo il penultimo periodo
riportato, la frase nonchè le imprese fornitrici di servizi telematici e di
telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica.
A prima vista ci si potrebbe rallegrare di questa
aggiunta, perché è il segno di una qualche consapevolezza del fatto che la
comunicazione è sempre più "multimediale" e non si può
regolamentare sempre e solo stampa e televisione, come è stato fatto fino a
ora. Ma un più attento esame del testo rivela un mezzo pasticcio. Vediamo
perché.
Il disegno di legge prevede che la costituenda Autorità sia divisa in due
commissioni, una "per le infrastrutture e le reti" e una "per i
servizi e i prodotti". Distinzione opportuna, perché quando si parla di
informazione in molti casi è necessario distinguere i supporti dai contenuti. I
problemi delle infrastrutture sono diversi da quelli dell'editoria.
Tuttavia, affidando alla prima commissione la tenuta di un unico registro, le si
attribuiscono compiti che spetterebbero alla seconda. Non c'è dubbio che la
commissione per le infrastrutture e le reti è competente per quanto riguarda i soggetti
destinatari di concessione ovvero di autorizzazione [all'installazione e
alla gestione di infrastrutture] e le imprese fornitrici di servizi
telematici e di telecomunicazioni e le infrastrutture di diffusione
operanti nel territorio nazionale. Si tratta, appunto, di infrastrutture e
di reti, e dei servizi che a queste sono correlati. Ma le imprese
concessionarie di pubblicità, le imprese di produzione e distribuzione
dei programmi radiofonici e televisivi e l'editoria elettronica fanno
parte non delle infrastrutture, ma dei "servizi e prodotti" di
competenza della seconda commissione.
La frase aggiunta aumenta la confusione perché
l'avverbio "ivi" inserisce l'editoria elettronica, cioè i
contenuti, tra le imprese fornitrici di servizi telematici e di
telecomunicazioni, che invece fanno parte delle infrastrutture. Con ogni
probabilità la fuorviante appendice è un modo per inserire nella forma più
indiretta e criptica possibile il fornitori di servizi Internet, campo
sconosciuto al Ministero delle poste (come si può vedere dall'elenco dei siti
della pubblica amministrazione riportato nell'apposita pagina di questa rivista,
oltre che dalla bozza di "Codice di autoregolamentazione per i servizi
Internet" di recente diffusione).
Fra parentesi è bene ricordare che l'espressione
"editoria elettronica" è normalmente usata per indicare la produzione
e la diffusione di CD-ROM e simili, ma si può tranquillamente usare anche per
indicare le attività editoriali telematiche. A stretto rigore sarebbe più
precisa la dizione "editoria digitale", perché dal punto di vista
tecnologico anche le video e audiocassette sono editoria
"elettronica", come i dischi audio analogici. Anche se ormai la
definizione è entrata nell'uso comune, un testo di legge dovrebbe essere
preciso nell'individuazione delle fattispecie che intende regolare.
In ogni caso, l'effetto di questa disposizione
dovrebbe essere l'inserimento dei "nuovi media" nel campo
dell'editoria in generale. Siamo ancora lontani dal concetto di "multimedialità",
che se fosse accettato porterebbe a una legge impostata diversamente, ma
comunque è un passo avanti. In questo senso è positivo anche il cambiamento
della denominazione dell'Istituto superiore delle poste e delle
telecomunicazioni, che diventa "Istituto superiore delle comunicazioni e
delle tecnologie dell'informazione" (art. 1, comma 4, lettera c), n. 3).
Ma il legislatore non trae tutte le conseguenze
da queste novità, perché nell'elenco dei compiti della commissione per i
servizi e i prodotti si dimentica dell'editoria elettronica. Recita infatti
l'art. 1, comma 4, lettera b) che la commissione 5) verifica il rispetto nel
settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche
tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra
televisione e minori; 6) verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle
norme in materia di diritto di rettifica. Ma non verifica il rispetto di
queste norme nell'informazione telematica.
Il problema è che questo disegno di legge, come
quello sulla riforma del sistema delle telecomunicazioni che porta il numero
S1138, non è stato pensato per la comunicazione di domani, che sarà
"multimediale" nel vero senso della parola. E' ormai chiaro e
accettato da tutti gli esperti che l'intero sistema dell'informazione si evolve
a grandi passi verso la fusione tra il sistema televisivo e il "sistema
Internet", anche se non si può ancora prevedere con quali meccanismi: se
con l'adozione di buona parte di Internet nella televisione, o con il passaggio
della televisione al modello di Internet, o con uno schema intermedio. Ma
comprendere il sistema dell'informazione digitale nel sistema televisivo attuale
è un errore che potremmo pagare molto caro in un futuro abbastanza prossimo.
Per concludere si deve rilevare un'altra
dimenticanza, questa volta nel ddl S1138 "Disciplina del sistema delle
telecomunicazioni", non ancora esaminato dal'assemblea di Palazzo Madama.
L'art. 10, comma 2, stabilisce: Ai telegiornali e ai giornali radio si
applicano le norme sulla registrazione dei giornali e periodici contenute negli
articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. I direttori dei telegiornali
e dei giornali radio sono, a questo fine, considerati direttori responsabili.
Da una parte è una disposizione pleonastica e inutile, perché è già
contenuta, con le stesse parole, nella legge 14 aprile 1975 n. 103 "Nuove
norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" e nella legge 6
agosto 1990 n. 223 (la "Mammì"): la prima norma non mai è stata
abrogata e quindi era già di troppo nella seconda legge, a che pro ripeterla
ancora una volta nella "Maccanico"?
E' invece necessario inserire un comma che
stabilisca: "Alle testate telematiche che ne facciano richiesta si
applicano le norme sulla registrazione dei giornali e dei periodici contenute
negli articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948 n. 47. I direttori delle
testate telematiche sono, a questo fine, considerati direttori
responsabili" (si veda il mio articolo "L'informazione
su Internet e le leggi sulla stampa").
Così si incomincerebbe a mettere un po' di ordine nell'informazione on-line.
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