Agenda Monti: un tormentone politico-mediatico, da mesi
una specie di prequel della campagna elettorale
ora in pieno svolgimento. E' un documento che vorrebbe "Cambiare
l'Italia, riformare l'Europa" (e scusate se è
poco), ma non c'è il minimo accenno a uno dei
problemi-chiave dell'Italia di oggi: l'informazione.
Però il professor Monti l'informazione la sa usare
molto bene. Perché non solo fa concorrenza al signore
delle televisioni, saltando senza sosta da un canale
all'altro, ma si serve con competenza dell'internet. Sia
con siti web molto efficaci, sia
"cinguettando" a tutto spiano via Twitter
(l'immagine del Professore che cinguetta è alquanto
improbabile, ma tant'è).
Anche i concorrenti sono attivi sui social network,
tanto che si può dire che oggi siano questi il medium
più importante del dibattito politico. Botte (spesso da
orbi) e risposte non passano più per i microfoni più o
meno servili dei telegiornali, ma per gli smozzicati
messaggini della Rete.
Però questo non vuol dire che il grande pubblico
venga a conoscenza dei contenuti attraverso la Rete. E'
ancora la televisione il mezzo di informazione per
eccellenza. Basta dare un'occhiata ai numeri: centinaia
di migliaia - nei casi più importanti - i
"seguaci" on line, milioni di telespettatori
per i telegiornali. Nei quali l'informazione politica
(e non solo) è ormai in larga parte costruita sui
contenuti della Rete.
La TV è quindi diventata l'amplificatore dell'internet.
E' la crossmedialità, bellezza! Cioè la forma
che ha assunto quella "convergenza dei media"
che si preannunciava già vent'anni fa. Nella quale
però la televisione, in parte "incrociata"
con l'internet, continua a fare la parte del leone,
vista l'ancora altissima percentuale di pubblico per il
quale resta il principale strumento di informazione.
Ma dire televisione, in Italia, significa ancora dire
"anomalia". Perché il Cavaliere ha sempre la
potenza di fuoco delle sue reti (almeno quattro, perché
nel conto si deve mettere anche Tgcom24), alle quali si
aggiunge l'influenza che ha ancora sulla Rai,
controllata tuttora in buona parte da uomini nominati da
lui.
Ma sembra che per il Professore tutto questo sia
irrilevante. Date queste premesse, viene naturale chiedersi quali
siano i programmi del principale partito della
ex-opposizione per la prossima legislatura, in materia
di informazione. La ricerca sul sito del PD non porta ad
alcun risultato. Il documento più recente è un articolo del segretario Pierluigi
Bersani, che risale al 31 gennaio 2012. Duemiladodici,
avete letto bene.
Dunque per conoscere qualche opinione "di
sinistra" non ci resta che leggere l'articolo di Carlo Rognoni,
pubblicato sull'Unità del 31 dicembre scorso, Nuovi legami con le TV locali per la
Rai che deve reinventarsi. Nel quale si ipotizza
uno scenario che ricorda il progetto originario di Rai 3
(una rete legata al territorio), ora rivisto in funzione
dell'emittenza locale.
L'intervento di Rognoni tocca opportunamente altri due
punti critici della questione televisiva: il primo è la
separazione tra la fornitura dei contenuti e l'esercizio
delle Reti, il secondo è il finanziamento del servizio
pubblico con la riforma del canone.
Non è poco, ma non è un programma per la
legislatura, non
è un impegno politico. Insomma non è la pagina di una
"agenda" che dovrebbe essere piena di
appuntamenti per una seria riforma dell'informazione.
Fra i quali si dovrebbe mettere prima di tutto, la "rottamazione" della legge
Gasparri. Da smaltire al più presto come rifiuto
inquinante della democrazia. Se non si parte da qui, non
si va da nessuna parte.
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