Al settimo piano di viale Mazzini succedono cose che è
difficile capire. C'è un consiglio di amministrazione
che dovrebbe discutere i palinsesti del prossimo
autunno, proposti dal direttore generale. Che è stato nominato poche settimane fa dallo stesso
consiglio di amministrazione. All'unanimità. Quindi non
ci dovrebbero essere problemi. Invece la riunione è
rinviata: non c'è il numero legale, perché sono assenti i
consiglieri della maggioranza. Rifiutano di esaminare le
proposte del direttore generale. E' strano. Di solito, in tutte
le assemblee, è la minoranza che cerca di fermare i
lavori facendo mancare il numero legale per decisioni
sulle quali è non d'accordo. Qui pare che sia la
maggioranza in disaccordo con se stessa. La situazione
richiama il motto di Groucho Marx, ripreso da
Woody Allen: "A volte ho delle opinioni che non
condivido".
Da questo è facile passare a un altro aforisma,
stessi autori: "Dio è morto, Marx è morto e anche
io non mi sento molto bene". Qui il morto è Annozero
(a meno di sorprese ormai del tutto improbabili) e chi non sta molto bene è la Rai.
Un'azienda in rosso che cancella uno dei suoi prodotti più
redditizi. Fuori da qualsiasi logica d'impresa.
Michele Santoro lo ha detto con assoluta chiarezza:
nella prossima stagione era disposto a fare la
trasmissione per un euro a puntata. Lo ha detto dopo
aver pronunciato un atto d'amore per la Rai. E chi
conosce la Rai e molte persone che vi lavorano, sa che
non mentiva. Ma il presidente Paolo Garimberti, al
quale era rivolto il discorso, ha risposto in modo
sgarbato. Segno che l'accordo trovato per porre fine
alle questioni giudiziarie serviva solo a lasciare le
mani libere ad ambedue i contendenti. Non era una
pacificazione (Santoro, lo ricordiamo, andava in onda
per ordine di un giudice, non per una scelta aziendale).
E alla fine il gioco è stato scoperto: è la Rai che
non vuole Santoro, non è lui che vuole andare via. Adesso
qualcosa è più chiaro: il precedente direttore
generale non è riuscito a cacciare il giornalista
scomodo. Il nuovo ha svolto il primo compito. Ma
- e qui siamo ai "si dice" - dovrebbe fare
fuori altri personaggi sgraditi al signore delle
televisioni (i soliti Fazio, Floris, Dandini). Invece -
sempre stando ai "si dice" - avrebbe mantenuto
i loro programmi nei palinsesti. Che la maggioranza del
CDA non vuole approvare. E per questo avrebbe disertato
la riunione. E' incredibile. Abbiamo un servizio
pubblico radiotelevisivo che, nonostante tutto, resta
uno dei migliori del mondo. Si potrebbe incominciare a
rimetterne a posto i conti eliminando l'evasione del
canone. E' facile (basta riscuoterlo con le bollette
dell'energia elettrica), ma qualcuno non vuole. E non
tanto per azzittire le ultime voci fuori dal coro, ma per
ridurre il valore di mercato dell'azienda pubblica. In modo che la
privatizzazione, fortemente voluta dall'attuale
maggioranza, sia più facile. E qui ritorniamo a
Santoro e alla sua discussione in toni accesi con il
viceministro Castelli, che insisteva con la cantilena
della privatizzazione. La difesa del
servizio pubblico gridata dal conduttore resta una delle pagine migliori di
questa stagione di Annozero, in una puntata di
straordinaria efficacia. Peccato che sia
stata l'ultima (per chi non l'avesse vista, è qui). Una settimana
fa, del tutto ignaro di quello che stava per
succedere, scrivevo che nel duopolio
Rai-Mediaset si sta inserendo un terzo, forte
protagonista: La7. Ora La7 attende "a braccia
aperte" (letterale, firmato Mentana) il giornalista
cacciato dalla Rai. E, se l'accordo si farà, sarà
veramente un brutto colpo per la Rai. E non solo per la
Rai. Dobbiamo ricordare che Michele Santoro non
è solo un bravo (anche perché fazioso!) conduttore. E'
un giornalista che sa scovare le notizie, soprattutto
quelle nascoste, e raccontare la realtà. Ed è quello
che molta gente vuole, come dimostrano gli oltre otto
milioni di ascoltatori dell'ultima puntata, quasi un
terzo degli italiani che giovedì scorso erano davanti
alla televisione in prima serata. Ma a viale Mazzini non hanno voluto
tenerlo, neanche per un euro. Davvero, la Rai non si
sente molto bene.
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