C'è la guerra tra Murdoch e Berlusconi sullo sfondo
dell'autorizzazione "ritardata" per
l'emittente "Cielo" sul digitale terrestre?
Nel contesto dell'anomalia italiana è facile rispondere
di sì. E' in gioco, ancora una volta, il diritto dei
cittadini di
ricevere informazioni. Ma per capire i termini della
questione può essere utile considerare la vicenda come
un normale problema amministrativo, esaminando i fatti
alla luce delle norme.
Il
primo fatto è che il 1. novembre scorso
l'azienda di Rupert Murdoch ha presentato al
Dipartimento delle comunicazioni del Ministero della
attività produttive la prescritta richiesta di
autorizzazione a trasmettere il canale denominato
"Cielo" sul digitale terrestre. Annunciando
che le trasmissioni sarebbero iniziate il 1. dicembre.
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Ma il 1. dicembre sul canale c'era solo una scritta
che spiegava come l'emittente non potesse trasmettere,
perché il Ministero ritardava l'autorizzazione, e
invitava i teleutenti a scrivere al Ministero stesso,
chiedendo "una ventata d'aria fresca" (vedi Digitale terrestre: il Cielo può attendere.
Fino al 2012).
Il vice-ministro Romani spiegava che l'autorizzazione è
sospesa in attesa di una risposta dalla Commissione
europea in merito al divieto, imposto a Sky nel 2003, di
trasmettere su frequenze terrestri fino alla fine del
2011.
Il divieto è costituito formalmente da
un "impegno" della società di Murdoch,
compreso tra le condizioni per l'autorizzazione alla
nascita di Sky Italia attraverso la fusione delle
società Newscorp e Telepiù. Poiché la fusione avrebbe dato luogo a una
posizione dominante (in sostanza un monopolio) nella
televisione via satellite, Sky si impegnava a non
trasmettere su frequenze terrestri fino alla fine del
2011. Il paragrafo 224 della Decisione
della Commissione
europea del 2 aprile
2003 è chiaro.
L'interpretazione data dalla società, che sostiene che
il divieto riguarda solo le trasmissioni a pagamento,
non trova riscontro nel testo.
Ora il problema è questo: il Ministero può, o deve, rifiutare l'autorizzazione in pendenza di un limite comunitario?
Per il testo unico della radiotelevisione (DLGV 177/05, art.
16, comma 1) l'autorizzazione è un atto dovuto, in seguito alla
verifica di una serie di condizioni. Le quali sono
elencate nella deliberazione
435/01/CONS
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La
deliberazione non contiene alcun riferimento al problema aperto
(impegni assunti in sede europea) e rimanda, per gli
aspetti antitrust, ad alcuni commi della legge 249/97
(la "Maccanico"). Commi abrogati dal testo
unico e sostituiti da altre norme dello stesso testo
unico. Alla fine della lunga "navigazione" tra le norme non si trova una
disposizione esplicita che imponga al Ministero di sospendere il
rilascio di un'autorizzazione sulla base di un documento
della Commissione europea.
C'è anche da osservare che il Ministero ha 60 giorni
di tempo per rilasciare l'autorizzazione (più ulteriori
30 giorni se, "ritenendo necessario un supplemento
d’istruttoria, richieda chiarimenti o
integrazioni"). Dunque la questione è in sospeso
fino al 1. gennaio 2010 o, al più tardi, fino al 30
dello stesso mese.
La sostanza della vicenda è nel fatto che il nuovo canale terrestre potrebbe
veramente costituire "una ventata di aria
fresca" non tanto nel campo della televisione
generalista, quanto nel delicatissimo settore
dell'informazione. Nei fatti il TG24 di Sky potrebbe costituire
un'alternativa importante al blocco dei telegiornali controllati in un
modo o nell'altro dal signore delle televisioni. Questo
è un motivo per augurarsi che l'autorizzazione arrivi
in fretta e con il beneplacito di Bruxelles: infatti la
Commissione, come prevede la lettera m) del già citato
punto 224 della decisione del 2003, può anticipare il
termine del 31 dicembre 2011 "ritenendo che le condizioni della
concorrenza non giustifichino più la continuazione di
detti impegni".
Però la Commissione potrebbe ricordare al signor
Murdoch un altro impegno preso nella stessa sede, al il
punto h) dello stesso paragrafo della decisione citata: quello
di fornire una piattaforma aperta ad altri operatori,
concedendo le informazioni e le licenze per costruire
ricevitori in grado di decodificare le trasmissioni di
Sky. E rendere così possibile la realizzazione di quel "decoder unico" previsto
da una disposizione del 1999, poi abrogata quasi di
soppiatto nel 2005, in
coincidenza con la diffusione del decoder blindato del
monopolista del satellite. Decoder che oggi rende ancora più
difficile la diffusione della piattaforma gratuita Tivù
Sat.
Sembra ormai chiaro che Tivù Sat è solo un
pretesto per togliere dalla piattaforma Sky i canali Rai
a pagamento, danneggiando i due operatori anche con la
proliferazione delle trasmissioni criptate
dell'emittente pubblica. Troppi telespettatori delle
aree di swicth-off non riescono a vedere tutta la
programmazione Rai, perché i canali in digitale del
servizio pubblico sono affetti da difficoltà tecniche,
mentre le emittenti Mediaset si vedono benissimo. E
tanti non hanno voglia di comperare i pochi e
introvabili (oltre che quasi obsoleti) decoder abilitati
alla decodifica di Tivù Sat, avendo già un decoder Sky
e uno per il digitale terrestre.
L'AGCOM sta indagando su questi punti, e anche su un
altro pasticcio all'italiana: la
numerazione automatica dei canali terrestri, sulla
quale le emittenti non sono tutte d'accordo e che
comporta non pochi problemi per gli utenti.
E anche l'Antitrust è chiamata in causa da Mediaset.
In un ricorso, l'azienda del Presidente del consiglio
sostiene che Sky viola le regole della concorrenza regalando ai
possessori dei suoi decoder più recenti una chiavetta
USB per ricevere le trasmissioni in chiaro del digitale
terrestre. La tesi non sembra molto fondata: in sostanza
Sky con questa trovata va incontro alle esigenze degli
utenti, che risparmiano sull'acquisto di uno zapper, ma
che dovrebbero comunque comperare un decoder per
ricevere le trasmissioni codificate sul digitale
terrestre.
Alla fine dei conti, chi interpreta tutti questi
fatti come una guerra tra Mediaset e Sky non è un
visionario. Una guerra incominciata un anno fa con il
decreto "anticrisi", che raddoppiava l'IVA
sulle pay-tv, colpendo in pratica solo l'azienda di
Murdoch, e che sembra destinata a continuare.
A questo punto la palla è nelle mani delle
autorità di garanzia. Che si spera decidano in fretta e
con gli occhi bene aperti sugli interessi degli utenti.
Non come hanno fatto nel passato, di fronte alla palese
violazione compiuta da Sky con l'imposizione del decoder
blindato.
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