C'è un forte sospetto di incostituzionalità per "eccesso di delega" nelle modifiche al testo unico della
radiotelevisione che il Governo sta per introdurre con
l'attuazione della direttiva
europea sui "servizi di media audiovisivi". "Eccesso
di delega" è il vizio di un decreto legislativo
che può determinarne l'incostituzionalità: se il
Governo emana un testo che contiene norme non previste
dalla legge-delega, queste cadono sotto la scure della
Corte costituzionale, se un giudice solleva il caso
davanti alla Corte stessa. Nello schema di decreto legislativo
recante attuazione della direttiva 2007/65/CE il vizio
deriverebbe dal fatto che il Parlamento ha delegato il
Governo a recepire la direttiva
2007/65/CE, ma non a
modificare le norme del testo unico della
radiotelevisione delle quali la stessa direttiva non
impone la modifica. "Eccesso a prescindere" lo ha definito
Giuseppe Giulietti. Ma forse sarebbe più corretto
chiamarlo "eccesso di potere televisivo",
visto che nel nostro Paese il potere del governo si
identifica spesso con il potere della
televisione.
Top
Ma tant'è. Andiamo avanti con l'analisi
del testo iniziata una settimana fa (vedi
Le polpette avvelenate del nuovo Testo unico radio-TV).
Come abbiamo visto, nel testo comunitario c'è un
significativo cambiamento di prospettiva: dalla
"televisione" si passa ai "media
audiovisivi". La direttiva interpreta quindi
correttamente l'attuale momento di convergenza dei
media, in particolare il fatto che stanno cambiando le
modalità di fruizione dei contenuti. Diminuisce il peso
della TV "lineare" e aumenta l'offerta di
programmi a richiesta, anche attraverso l'internet
(nelle diverse modalità della web-tv e della IP-tv). Ma
da qui a sottoporre buona parte dei contenuti
audiovisivi di internet alla stessa disciplina della
televisione di distanza ne corre molta.
Invece il nostro legislatore, con disposizioni
confuse e contraddittorie, mette sullo stesso piano le
trasmissioni televisive e i contenuti multimediali del
web. Si legge infatti alla lettera a) delle definizioni
che un "servizio di media audiovisivo" sono
anche i servizi "anche veicolati mediante siti
Internet, che comportano la fornitura o la messa a
disposizione di immagini animate, sonore o non, nei
quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere
meramente accidentale". Nulla del genere è nella
direttiva. Ma la domanda che sorge a questo punto è:
YouTube è un'emittente televisiva? Deve chiedere
l'autorizzazione a trasmettere al Ministero delle
attività produttive?
La risposta è (probabilmente) "no", solo
perché la società non sembra soggetta alla
giurisdizione italiana, ai sensi dell'art. 2 del testo
in questione. Ma non è detta l'ultima parola, alla luce delle recenti sentenze che riguardano
Pirate Bay e proprio YouTube (vedi Pirate
Bay, YouTube, Google: l’Italia al
contrattacco di Paolo Ricchiuto su
InterLex).
Ancora: l'art. 6 dello schema aggiunge al testo
unico un articolo 32-bis (Protezione dei diritti
d'autore) che impone ai fornitori di servizi di media
audiovisivi una serie di obblighi, peraltro senza
aggiungere nulla di nuovo a quanto previsto in altra
forma dalla legge 633/41. Ma, siccome tra questi
fornitori sono compresi gli internet provider, sembra
rientrare dalla finestra quell'obbligo generale di
sorveglianza opportunamente cacciato dalla porta dalla direttiva
2000/31/CE e recepito dall'art. 17 del decreto
legislativo 70/03.
In ultima analisi, sembra che il nostro governo abbia
ricondotto al mondo della televisione l'universo dei
media, e in particolare l'intenert, mentre il legislatore comunitario ha più
correttamente compreso la televisione nel contesto
multimediale del nostro tempo. "Approccio
pantelevisivo", lo ha definito Guido Scorza su
Punto Informatico: una definizione da sottoscrivere.
Un altro punto, che sta sollevando accese polemiche,
riguarda la sparizione
delle misure di sostegno alla produzione italiana. Non
è facile individuare la norma incriminata, nel solito
linguaggio criptico della nostra legislazione. E'
necessario leggere l'art. 44 del testo
unico, come è
stato modificato dalla legge finanziaria 2008 (ma nessun
sito istituzionale rende disponibile il testo vigente
del decreto legislativo 177/051). Lo
schema di decreto modifica appunto l'art. 44, eliminando
le disposizioni a favore della produzione italiana. E'
un regalo a tutte le emittenti che attingono largamente,
e a basso costo, alla produzione straniera. Anche questa
norma non attua alcuna disposizione della direttiva
europea.
A questo punto è difficile sperare in un
ripensamento del Governo: qualsiasi "parere"
venga espresso dalle Camere non è vincolante. E gli
eccessi di delega spesso non sono stati portati davanti
alla Corte costituzionale (un caso esemplare è
l'assassinio dell'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione compiuto attraverso il codice
sui dati personali).
Continuiamo pure a farci del male. (1) Potrebbe essere imbarazzante:
collazionando pazientemente la prima versione le norme che hanno
successivamente modificato il testo unico, si scopre che
la legge 244/07 ha modificato il comma 3 dell'art. 51,
comma inesistente perché già abrogato dalla legge 101 dello
stesso anno. Ma non c'è da stupirsi troppo, con un
Parlamento che pubblica la riproduzione di un brutto fax
spedito dalla Presidenza del consiglio come testo
ufficiale dello schema di decreto legislativo esaminato
in queste pagine. E se non fosse autentico? Per le
trasmissioni documenti ufficiali le istituzioni non
hanno la posta certificata, che il ministro Brunetta
offre gratis ai cittadini, con grande spreco di soldi
pubblici?
|