Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013

Televisione

Varata dal Governo l'attuazione della direttiva UE sui media

Le polpette avvelenate del nuovo Testo unico radio-TV

Colpiti gli autori, ai quali sono tolti i "diritti residui". Colpita la produzione italiana di fiction. Colpita Sky con il taglio degli spot. E un gioco di parole raddoppia a favore di Mediaset il limite antitrust sul terrestre.

11 gennaio 2010

Cambia il Testo unico della radiotelevisione, cioè il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, figlio della legge Gasparri che ha disegnato l'attuale assetto del nostro sistema. Il testo cambia perché cambia l'universo dei media: una direttiva europea prende atto della nuova situazione e aggiorna il quadro normativo comunitario.
La chiave per capire il cambiamento è nel titolo: nella prima versione la direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti l'esercizio delle attività televisive era intitolata "Televisione senza frontiere". Ora, dopo la direttiva 2007/65/CE si intitola "Direttiva sui servizi di media audiovisivi" e comprende una serie di disposizioni che riguardano anche l'internet.

Il termine per l'attuazione da parte degli Stati membri scadeva il 19 dicembre 2009. Il nostro governo ha licenziato il testo del decreto legislativo il 17, dunque l'attuazione effettiva avverrà con qualche ritardo, perché l'articolato deve passare al vaglio delle competenti commissioni parlamentari. Ma il fatto è che che il Governo è andato molto più in là del semplice recepimento delle disposizioni comunitarie. Ha approfittato dell'occasione per modificare in più punti il testo unico, anche con disposizioni che potranno avere effetti nefasti sull'assetto del sistema radiotelevisivo italiano.

Sono molti i passaggi in cui il decreto di attuazione peggiora le norme attuali, approfittando dei margini di autonomia che la direttiva lascia agli Stati membri: l'inclusione dell'internet nelle regole sulla TV pone pesanti interrogativi sul futuro della responsabilità dei provider; i "diritti residui" sulle produzioni televisive restano alle emittenti, invece che tornare agli autori; sono tagliate le quote obbligatorie di produzioni italiane, anche a carico del servizio pubblico.

Qui limitiamo l'analisi a due punti significativi, ahinoi, dell'anomalia italiana. Il primo è una polpetta avvelenata contro le regole antitrust, mascherata con una specie di gioco di parole. Vediamo come.
Nelle "definizioni" del testo ora all'esame della Camera dei deputati ce n'è una nuova:

g) "palinsesto televisivo" e "palinsesto radiofonico", l'insieme, predisposto da un'emittente televisiva o radiofonica, analogica o digitale, di una serie di programmi unificati da un medesimo marchio editoriale e destinato alla fruizione del pubblico, diverso dalla trasmissione differita dello stesso palinsesto, dalle trasmissioni meramente ripetitive, ovvero dalla prestazione, a pagamento, di singoli programmi, o pacchetti di programmi..."

"Diverso dalla trasmissione differita dello stesso palinsesto" dovrebbe significare che, tanto per fare un esempio, Rete 4 e Rete 4+1 sono la stessa cosa poiché diffondono lo stesso palinsesto. Sembra non contare il fatto che, nella sostanza, con la formula x+1 l'offerta di programmi raddoppia: lo spettatore può scegliere tra il contenuto corrente e quello di un'ora prima. Senza contare che vengono impegnati due canali al posto di uno.
Ora la domanda è quale sia il senso di questa innovazione normativa. La chiave viene dalla definizione successiva, nella quale si legge:

h) ...All'interno del presente testo unico, l'espressione "programmi televisivi" deve intendersi equivalente a quella di "palinsesti televisivi" di cui alla lettera g).

Applichiamo al testo vigente questa disposizione, sorvolando sul perché il decreto non provveda direttamente a modificarlo nei punti in cui ricorre l'espressione. Leggiamo i commi 7 e 8 dell'art. 43 (Posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni), non modificati dal testo del decreto legislativo in discussione, sostituendo l'espressione "programmi" con "palinsesti":

7. All'atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale, uno stesso fornitore di contenuti, anche attraverso società qualificabili come controllate o collegate ... non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20 per cento del totale dei palinsesti televisivi o più del 20 per cento dei programmi radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal medesimo piano.

8. Fino alla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, il limite al numero complessivo di palinsesti per ogni soggetto e' del 20 per cento ed e' calcolato sul numero complessivo dei palinsesti televisivi concessi o irradiati anche ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge n. 112 del 2004, in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale. I palinsesti televisivi irradiati in tecnica digitale possono concorrere a formare la base di calcolo ove raggiungano una copertura pari al 50 per cento della popolazione. Al fine del rispetto del limite del 20 per cento non sono computati i palinsesti che costituiscono la replica simultanea di programmi irradiati in tecnica analogica. Il presente criterio di calcolo si applica solo ai soggetti i quali trasmettono in tecnica digitale palinsesti che raggiungono una copertura pari al 50 per cento della popolazione nazionale.

A questo punto sembra chiaro il significato dell'introduzione della definizione di "palinsesto" e della contorta precisazione sulla trasmissione in differita: la presenza di canali "ripetitivi" non influisce sul computo dei palinsesti trasmessi da uno stesso fornitore di contenuti, ai fini del divieto di posizioni dominanti. Non occorre un grande acume per capire che questa novità favorisce Mediaset ai danni della concorrenza, perché le consente di raddoppiare la propria offerta senza cadere nell'abuso di posizione dominante.

E' difficile capire se oggi la doppia offerta di Rete 4, Canale 5 e Italia 1, in aggiunta agli altri canali Mediaset, ecceda il 20 per cento del totale dei programmi irradiabili sul digitale terrestre in ambito nazionale, perché nelle regioni "all digital" regna ancora il caos. E comunque i cambiamenti sono già previsti, fino alla fine del 2012. Ma, a switch-off compiuto, la nuova norma porterebbe un non trascurabile vantaggio all'azienda del Presidente del Consiglio, consentendole di irradiare più canali di quelli consentiti dalla normativa attuale.
E' utile aggiungere che la direttiva europea non contiene alcuna disposizione di questo segno.

Un'altra disposizione in odore di anomalia riguarda la pubblicità ed è contenuta nell'art. 12 (Limiti di affollamento) dello schema di decreto legislativo:

5. La trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte di emittenti a pagamento, anche analogiche, non può eccedere, per l'anno 2010 il 16 per cento, per l'anno 2011 il 14 per cento, e, a decorrere dall'anno 2012, il 12 per cento di una determinata e distinta ora di programmazione...

Il limite attuale, secondo l'art. 38 dell'attuale testo unico, è del 18 per cento e riguarda indistintamente le emittenti in chiaro e a pagamento. Significa, per Sky, un taglio di un terzo in tre anni degli introiti pubblicitari. E' da notare che non è una misura imposta dalla direttiva europea, che su questa materia lascia agli Stati membri una notevole libertà di azione.

Che l'affollamento pubblicitario sui canali a pagamento sia ai limiti della sopportabilità è un dato di fatto e la sua riduzione è chiesta da più parti. Se limiti più stretti fossero introdotti, magari con qualche compensazione, da un governo al di sopra delle parti (televisive), sarebbe accettabile e forse benvenuta. Ma qui viene imposta dal padrone della concorrenza, nella sua veste di capo del Governo, e appare come un'altra polpetta avvelenata.

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