Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013

Televisione

Tra una settimana sapremo chi vuole comperare l'emittente

Mediaset vuole La7. Solo un'azione di disturbo?

Nell'ultimo capitolo dell'anomalia italiana si profila la possibilità che il signore delle televisioni acquisti anche l'unico concorrente di un certo peso. Non è solo una questione di antitrust: è in gioco la libertà dell'informazione.

17.09.12

C'era una volta l'anomalia italiana. Quella di un capo del governo che controllava buona parte del sistema radiotelevisivo privato, perché ne era il proprietario. Ma controllava anche il sistema pubblico, perché così prevedevano leggi vecchie e nuove (queste ultime "ispirate" da lui medesimo). Ora quel signore non è più capo del governo, ma l'anomalia italiana c'è ancora. E potrebbe continuare ancora a lungo, perché lui, Silvio Berlusconi, potrebbe ritornare a coprire la carica tra qualche mese.

L'ultimo capitolo dell'anomalia italiana, ultimo solo in ordine di tempo, è incominciato qualche giovedì scorso, quando è diventato di pubblico dominio un fatto: Mediaset, l'azienda televisiva dell'ex-capo del governo, ha manifestato il suo interesse all'acquisto di un concorrente. Si tratta di Telecom Italia Media, cioè La7, il vero "terzo polo" dell'emittenza nazionale. Che La7 fosse in vendita era ufficiale da mesi. Che Mediaset potesse acquistarla era un'ipotesi che a molti sembrava improbabile.

Ora è una prospettiva concreta. Sarà ufficiale tra una settimana, quando scadrà il termine per le manifestazioni di interesse degli aspiranti compratori.
Qualcuno ha frettolosamente obiettato che l'acquisizione de La7 da parte di Mediaset violerebbe le norme antitrust. La questione è complicata: secondo Nicola D'Angelo, ex-commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e grande esperto della materia, l'operazione è possibile (vedi Mediaset può comprare La7? Sic su Il Fatto Quotidiano).

Tuttavia D'Angelo prende come riferimento i dati contenuti nella Relazione AGCOM 2011 (pag. 217), nella quale è fotografata la situazione al 2009. La7 è cresciuta molto negli ultimi due anni e quindi il suo peso nel SIC è certamente  più alto di allora. Ma il punto è capire come sia possibile che un solo soggetto detenga un potere mediatico così alto e gli sia consentito di aumentarlo ancora di più, in un paese che si dice democratico e a "economia sociale di mercato".

La spiegazione si chiama SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni. Per chi non lo ricordasse, il SIC è stato introdotto nel 2004 con la legge che porta il nome dell'allora ministro delle Comunicazioni, Gasparri. Ministro di un governo presieduto dal signore delle televisioni. Il SIC è un enorme calderone, nel quale Mediaset compare con una percentuale del fatturato del sistema che nel 2009 era pari solo all'11,40 per cento del totale. Il tetto antitrust, stabilito dalla legge Gasparri, è al 20 per cento. Capito l'inghippo?

In ogni caso è possibile che un "altolà" arrivi dagli organismi di vigilanza dell'Unione Europea. Dipende da una serie complessa di fattori e non è il caso di avanzare ipotesi che potrebbero rivelarsi inconsistenti di fronte all'evidenza dei numeri.

La questione è molto seria, perché coinvolge l'assetto generale del nostro sistema radiotelevisivo. Anzi, ex-radiotelevisivo, perché la "crossmedialità" costituisce ormai stabilmente la struttura delle comunicazioni di massa del nostro tempo. Infatti nella normativa comunitaria non si parla più di "servizi radiotelevisivi", ma di "servizi di media audiovisivi". Resta però il fatto che la televisione è ancora di gran lunga il medium più seguito: per più dell'ottanta per cento degli italiani la TV è il principale canale di informazione.

Dunque non è improprio esaminare la situazione con lo sguardo rivolto soprattutto alla televisione, senza dimenticare le ripercussioni sulla distribuzione della "torta" della pubblicità. In un editoriale andato in onda il 15 scorso nel TG La7 delle 20, il direttore Enrico Mentana ha fatto una sintesi molto chiara: Mediaset ha le posizioni numero 4, 5 e 6 sul telecomando; con l'acquisto de La7 avrebbe anche la 8 e la 9.

L'immagine rende l'idea della situazione meglio di qualsiasi ragionamento. Si sa che avere i primi nove tasti del telecomando è come essere in pole position in una gara di Formula 1 (e non solo per molti anziani, che spesso non si raccapezzano con la procedura per vedere i canali dal 10 un su). Aggiungo io che i canali 1, 2 e 3, corrispondenti alle tre reti generaliste del servizio pubblico, non si vedono in diverse aree della Penisola. Bisogna andare a cercarli molto più in su, alla voce "Test" (per saperne di più vedi Sassano: "Non hanno seguito le indicazioni dei tecnici").

Però Mentana sbaglia quando dice che tutti i governi hanno sempre avuto il controllo della Rai: durante il secondo governo Prodi (2006-2008) il CdA è rimasto quello nominato dal governo Berlusconi nella precedente legislatura, nonostante i maldestri tentativi di sostituire il consigliere nominato direttamente dal Ministero delle comunicazioni.

Oggi sembra azzardato dire che il governo Monti ha il controllo della Rai, anche se ha nominato il presidente del CdA e il direttore generale, oltre al consigliere che compete al Ministero delle attività produttive. In realtà una "deberlusconizzazione" della Rai non sembra all'ordine del giorno e comunque non sarà un'operazione facile e veloce.

Allo stato dei fatti, nella confusione che regna sovrana nei Palazzi, non è fantapolitica immaginare che tra alcuni mesi il signore delle televisioni possa ritornare a Palazzo Chigi. Improbabile, ma non impossibile. Come è improbabile che un altro presidente del Consiglio, un altro Governo, mettano seriamente mano alla soluzione di un problema essenziale in una democrazia: la libertà dell'informazione. Siamo praticamente in campagna elettorale, ma nessuno ne parla.

Nel suo editoriale Mentana ha dichiarato che, se La7 entrasse nell'orbita di Mediaset, lui si dimetterebbe dalla direzione del telegiornale. Ineccepibile. E ha ipotizzato che la proposta in arrivo da Segrate possa essere solo un'azione di disturbo dell'operazione di vendita dell'emittente. E' possibile. Ma in caso contrario non sarebbe la prima volta che il signore delle televisioni "disturba" la nostra democrazia.

Nota. Questo articolo è un aggiornamento alla prima edizione de L'anomalia.
Qui gli aggiornamenti precedenti.

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