Con questa pagina
cerco di saldare un vecchio debito verso tutti quelli che mi hanno
scritto ponendomi le due domande del titolo. E non hanno
ricevuto una risposta esauriente. Qui ci sono alcune
considerazioni generali, con alla fine qualche
indicazione pratica. Per i dettagli ci sono le pagine
delle FAQ sulle regole
dell'informazione on line.
Giornalista: Perché?
Il "mestiere" di giornalista attrae molti
giovani. Ma a chi mi dice che vuole fare il giornalista,
chiedo: perché?
Ci sono due risposte ricorrenti: "perché mi
piace scrivere" e "perché mi piace
viaggiare".
Nel primo caso replico "allora prova a fare lo
scrittore"; nel secondo "cerca un lavoro in
un'agenzia di viaggi".
Perché il giornalismo non è semplicemente scrivere e
viaggiare. E' una curiosità continua verso il mondo e
le persone, è ricerca, è riflessione. E', soprattutto,
cercare di capire che cosa c'è sotto la
"buccia" della realtà. Che debba fare una
cronaca di quartiere o un viaggio in capo al mondo, un
"pastone" politico o la cronaca di un evento
sportivo, la scrittura è solo il passaggio finale di un
percorso spesso lungo e accidentato.
Giornalista: Come?
Dunque scrivere è l'ultima preoccupazione del
giornalista. Ma deve essere anche la prima: occorre
saperlo fare. Ortografia, grammatica, sintassi sono basi
indispensabili. Poi viene il linguaggio, lo stile. Ma
buona parte delle mail di aspiranti giornalisti mostra
una desolante mancanza delle basi elementari della
lingua italiana. Messaggi confusi, sgrammaticati, a volte
addirittura incomprensibili.
Colpa, in parte, della scuola degli ultimi anni. Ma
anche, forse soprattutto, delle poche letture. Per
imparare a scrivere bisogna leggere, leggere, leggere.
Leggere di tutto. Romanzi, novelle, saggi. Ma anche
giornali, tanti giornali diversi.
Solo in questo modo si può "fare
l'orecchio" al linguaggio scritto. Alternare la
scrittura di un autore contemporaneo a quella di un
classico è un esercizio utilissimo. Provate, per fare
un esempio, a leggere una storia di Camilleri e subito
dopo un capitolo dei Promessi sposi. Poi tornate a
Camilleri o a qualsiasi libro dei nostri giorni: come
vorreste scrivere? Come il Manzoni che vi hanno
somministrato a scuola o come un autore da milioni di
copie? Ve lo dico in un orecchio: il ritmo di Manzoni
bisogna averlo dentro, per poi scrivere come Camilleri.
Poi è necessario vedere e ascoltare telegiornali e
giornali radio, per capire come dalla parola scritta si
passa alla "parola parlata" e alla sua fusione
con le immagini. D'accordo, in molti casi si vede come
"non" si passa dallo scritto alla voce, come
le parole "non" vanno d'accordo con le
immagini. Anche questo è un ottimo esercizio!
Infine - ma, forse, prima di tutto - occorre quella dote
che non si insegna in nessuna scuola, che non è scritta
in nessun manuale: il senso della "notizia".
Può essere innato, ma più spesso si acquista con la
pratica e con buoni maestri.
Un altro aspetto da tenere ben presente è che sta
velocemente cambiando la natura dei "prodotti
editoriali". Prima c'erano la stampa, la radio, la
televisione. Tre mezzi differenti. Poi è arrivata
l'internet, con forme di comunicazione che si rinnovano
continuamente, si contaminano, si mescolano. Il
giornalista sta diventando "multimediale" o,
ecco un neologismo, "cross-mediale". E deve
saper fare tante cose diverse e usare strumenti nuovi.
L'esperienza dei padri in molti casi non funziona più.
Giornalista? Forse...
Dopo queste premesse ce n'è un'altra: cercare di
fare il giornalista, oggi in Italia, è un'impresa
disperata. Che riesce a pochissimi. In questo periodo
sono forse più quelli che perdono di quelli che trovano
il lavoro.
Ottenere il certificato di praticante - se non si hanno
"santi in paradiso" (e di quelli buoni) è
più difficile che azzeccare la sestina dell'Enalotto.
Le scuole di giornalismo sono costose fabbriche di
disoccupati.
La strada obbligata è quella delle collaborazioni.
Si cerca di conoscere il direttore o il caporedattore di
un giornale e si propone un primo servizio. E'
importante presentarsi con un'idea, un tema, uno spunto
che possa far scattare l'interesse di chi, di aspiranti
giornalisti, ne ha piene le tasche.
Ottenuto, e svolto a dovere il primo incarico, diventa
più semplice averne altri ed entrare nella vasta
schiera dei giornalisti precari. Anzi dei
non-giornalisti, dei (giornalisti)
tra parentesi. Sapendo che i compensi sono
miserabili, la fatica è tanta e la tessera
professionale un traguardo incerto e comunque lontano.
E ora passiamo alle indicazioni pratiche, di massima.
Per maggiori dettagli si vedano le FAQ
sulle regole dell'informazione on line.
L'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti
Per l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti è
necessario presentare una domanda all'Ordine della
regione di residenza e allegare copia degli articoli
scritti negli ultimi due anni (firmati o con la
certificazione del direttore), insieme alla
documentazione che attesta che le collaborazioni sono
state regolarmente retribuite. Le procedure e il numero
minimo di articoli sono spesso diversi da una regione
all'altra. La sola cosa da fare è andare alla sede
dell'Ordine regionale e chiedere.
L'iscrizione nell'elenco dei professionisti
Richiede diciotto mesi di praticantato presso una
testata che abbia almeno cinque professionisti in
redazione e il superamento di un esame di idoneità
professionale. Il praticantato può essere sostituito in
parte dalla frequenza a una scuola di giornalismo
riconosciuta dall'Ordine, con lo stage in una
redazione. Ma ci sono dubbi che questa procedura sia del
tutto legittima.
Diventare editore
E' una cosa lunga e difficile. Prima di tutto si
devono circoscrivere i temi della pubblicazione
(politica, cronaca, sport, spettacolo, tecnologie,
letteratura...). Poi esaminare il mercato, sia per
quanto riguarda pubblicazioni simili già esistenti sia
per capire se c'è un pubblico abbastanza numeroso da
giustificare l'impresa.
Superati questi passaggi, occorre fare un business
plan. Cioè si deve calcolare quanto costerà
avviare e tenere in piedi la pubblicazione fino al
momento in cui le entrate saranno tali da pareggiare le
uscite e remunerare il capitale (le entrate possono
derivare dalla vendita delle copie, dagli abbonamenti e
dalla pubblicità). Quindi farsi i conti in tasca...
Se i conti tornano, almeno sulla carta, si può pensare
alla forma dell'impresa editoriale: ditta individuale o
società di persone o di capitali. E a questo punto la
competenza è del notaio (per la costituzione
dell'eventuale società) e del commercialista, per tutti
gli adempimenti societari e fiscali.
Naturalmente chiunque può aprire un sito internet e
scriverci dentro qualsiasi cosa. Ma questo non significa
essere un editore.
A questo punto, chi ha ancora voglia di andare avanti
porrà molte domande. Le risposte alle più comuni sono
nelle FAQ sulle regole
dell'informazione on line.
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