Ricordate il "Patto di Sanremo"? Così fu chiamato, nel febbraio
dell'anno scorso, un accordo tra i ministri "competenti" e gli
industriali dei contenuti sulla definizione di codici di condotta per assicurare
il rispetto dei diritti sui contenuti on line. Una pagliacciata, che seguiva le
ipocrite promesse di modifica della famigerata "legge Urbani" e
l'inutile rapporto sui contenuti digitali della "commissione Vigevano"
(vedi Utenti canzonati nel patto della
canzonetta). Il tutto nel quadro vergognoso della complicità della politica
comunitaria e nazionale con i lobbisti
dell'industria multimediale, la stessa che ha portato all'iniqua
"tassa" sugli apparecchi e i supporti di registrazione. Che ora
persino l'Unione europea sta pensando di "sconsigliare", visto che
frena le vendite del settore informatico, senza altro vantaggio che quello per le casse erariali.
Ma ora in Italia abbiamo una nuova maggioranza parlamentare e un nuovo governo,
che danno i primi segni di un ripensamento dell'intera materia della
multimedialità. In questo quadro assume un certo rilievo l'interrogazione a risposta scritta
presentata dai deputati Acerbo e Folena al
ministro dei beni culturali, Rutelli.
Acerbo e Folena chiedono, fra l'altro, "con quale titolo i rappresentanti dell’industria audiovisiva italiana
(direttamente o tramite le loro associazioni di categoria) abbiano partecipato
alle attività del gruppo di lavoro del Ministero dei beni culturali destinata
ai fornitori di servizi internet; se risponda al vero che questi soggetti, intervenendo sui contenuti del
codice dei fornitori di servizi internet, abbiano richiesto che venissero
imposti contrattualmente da parte dei fornitori dei servizi internet, a tutela
dei propri interessi commerciali, degli obblighi di data-retention sull’uso
dell’internet da parte dei clienti, che la normativa vigente riserva alle sole
attività di contrasto al terrorismo" e infine "quali garanzie intenda offrire per far sì che nelle modifiche alla
disciplina del diritto d’autore vengano adeguatamente e concretamente tutelati
anche gli interessi dei cittadini-consumatori, con particolare riferimento alla
tutela della loro riservatezza e al rispetto dei diritti costituzionalmente
garantiti".
Chiaro, anzi chiarissimo e del tutto condivisibile lo spirito
dell'interrogazione. Ora si spera che il ministro, e vice-presidente del
Consiglio, Rutelli dia una risposta adeguata, anche nei fatti. Sarebbe un segno
efficace del rinnovamento che il nuovo governo deve operare nel campo della
multimedialità.
Un primo segno è venuto dal ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, che
ha avviato il censimento delle radiofrequenze, primo indispensabile passo del
riordino del settore radiotelevisivo.
Poi lo stesso Gentiloni ha annunciato il rinvio al 2008 del passaggio definitivo
alla televisione digitale terrestre nelle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, che
il precedente governo aveva imposto per il 31 marzo (e poi rinviato al 31
luglio) di quest'anno. In assenza della condizione essenziale della
disponibilità del decoder in tutte le utenze interessate.
E a proposito di decoder, sarà bene che il ministro delle comunicazioni
consideri la non idoneità degli attuali apparecchi per la DTT a soddisfare i
requisiti del decoder "unico", imposto dall'art,
2, c. 2 della legge 29 marzo 1999, n. 78: "I decodificatori devono
consentire la fruibilità delle diverse offerte di programmi digitali con
accesso condizionato e la ricezione dei programmi radiotelevisivi digitali in
chiaro mediante l'utilizzo di un unico apparato... Dal 1. luglio 2000 la
commercializzazione e la distribuzione di apparati non conformi alle predette
caratteristiche sono vietate".
Legge ignorata dal precedente governo e dall'Autorità che dovrebbe essere
"di garanzia" anche di fronte alle proteste degli utenti per
l'imposizione di un decoder proprietario e "chiuso" da parte di Sky
Italia per ricevere la TV satellitare (vedi i numerosi articoli sull'argomento
nell'indice Sistema informazione).
Ora c'è una sentenza che
riconosce il diritto dell'utente di ricevere qualsiasi canale e impone a Sky di
ripristinare la situazione precedente l'introduzione del nuovo standard. La
decisione è di un giudice di pace: Sky non si è nemmeno degnata di presentarsi
all'udienza ed è facile immaginare che farà orecchie da mercante sulla
decisione del magistrato.
Ma per il Governo, e in particolare per il Ministro delle comunicazioni, è
l'occasione buona per dimostrare che i proclami sulla moralità e la legalità
nel nostro Paese non sono chiacchiere.
Ultim'ora
Le associazioni dell'industria
dell'audiovisivo hanno inviato ai ministri dei beni culturali, dell'innovazione
e delle comunicazioni una lettera di protesta contro una bozza di codice
antipirateria proposta dai fornitori di servizi internet nell'ambito della
commissione a cui fa riferimento l'interrogazione Acerbo-Folena. La solita
iniziativa di intimidazione come risposta indiretta all'interrogazione
parlamentare.
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