Fare informazione in Italia è molto più complicato che in tutti gli altri
paesi democratici. Anche il più facile "dare informazioni" può
creare non pochi problemi a chi non sappia destreggiarsi tra norme e codicilli.
Le norme sull'informazione in Italia risalgono al 1948,
con la legge n. 47. L'ordinamento della professione di giornalista al 1963,
con la legge n. 69. Intanto il mondo è cambiato, ma il legislatore non se
n'è accorto, o non ha capito il senso del cambiamento. Così nel 2001 ha fatto
finta di aggiornare le vecchie regole con la legge
n. 62, che ha prodotto solo confusione.
In tutto questo cresce la voglia di informazione, di diffondere idee e opinioni,
di dare informazioni (che è cosa diversa da "essere giornalisti").
L'internet dà a moltissime persone la possibilità di comunicare "uno a
molti", ma l'iniziativa è spesso frenata dal timore di andare contro la
legge e rischiare sanzioni. Questo spiega
l'ininterrotto flusso di e-mail che mi giunge da anni, da parte di giovani che
vorrebbero mettere on line un sito di informazioni. Le domande sono sempre le
stesse: è obbligatoria l'iscrizione nel registro del tribunale? Occorre un
giornalista iscritto all'albo professionale come direttore responsabile? Qui
è opportuno aprire una parentesi. A tanta voglia di scrivere sembra che
corrisponda una scarsa propensione a leggere. Infatti su questo sito ci sono
decine di articoli, scritti all'origine per InterLex, in cui si affrontano tutti
i problemi e si danno risposte chiare. Una serie di ben nove articoli, Come
essere in regola con le norme sulla stampa, fornisce tutte le possibili
indicazioni pratiche. Ci sono persino le FAQ, on line
dal 2001. E allora, ragazzi, facciamo un piccolo sforzo! Ma torniamo alla
domanda fondamentale. Quando è obbligatoria la registrazione di una
pubblicazione, con la presenza del direttore responsabile iscritto all'albo dei
giornalisti? La risposta è "quando la pubblicazione è periodica",
cioè quando è previsto che la testata esca a intervalli regolari. Vale dunque
per quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali eccetera. E vale (grazie alla
scombinata legge 62/01) sia per i periodici di carta sia per quelli digitali.
Non conta la natura della testata, l'argomento o chi la pubblica. L'unica
"variazione" possibile è legata alla previsione di conseguire
"ricavi" dalla pubblicazione: in questo caso è obbligatoria anche
l'iscrizione nel ROC, il registro degli operatori di comunicazione tenuto
dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (tutte le informazioni sono qui). Conclusione:
per non dover sottostare agli obblighi previsti dalla legge del 1948 per i
periodici, basta che la pubblicazione non si presenti come periodica. Fine. Che
tutto questo sia logico è un altro discorso. Facciamo un piccolo esempio: la
rivista InterLex (la prima testata telematica iscritta come tale nel registro
della stampa, nel 1997) è nata come periodico e per molti anni è uscita con
cadenza settimanale. Ora esce a intervalli irregolari, per cui l'iscrizione non
sarebbe più necessaria. Stessa testata, stessi contenuti: perché due regimi
diversi? Con il disegno di legge-delega
al Governo per il riordino delle professioni si potrebbe (il condizionale è
d'obbligo) avviare un percorso di revisione di una normativa che risale alla
metà del secolo scorso e deriva in parte dall'Editto
sulla stampa di Carlo Alberto (1848) e in parte dall'ordinamento fascista.
Attenzione, però: l'eventuale trasformazione dell'Ordine dei Giornalisti in
associazione professionale porterebbe il nostro Paese in linea con gli altri,
nel rispetto dell'ordinamento comunitario, ma forse solo con l'annunciata legge
di riforma dell'editoria si potrebbero fare passi avanti sostanziali. Purtroppo
Governo e Parlamento non mandano alcun segnale di comprensione dei reali
problemi della società dell'informazione. Anzi, sembra che la tecnofobia sia
più forte di prima: vedi l'uscita del Ministro
dell'interno sulla firma digitale o i propositi del Ministro dell'istruzione
e di altri parlamentari sulla necessità di "mettere sotto controllo"
l'internet.
Prima o poi le vecchie regole cadranno. Ma sui tempi del cambiamento è
difficile essere ottimisti. Nota: gli approfondimenti sulla
normativa sono nella sezione Internet e stampa
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