1.
"CONSIDERATO che il Tribunale di Roma, Sezione per la Stampa e
l'Informazione, già da tempo ha ritenuto che un periodico telematico può
beneficiare della tutela rappresentata dalla registrazione, in quanto possiede
sia il requisito ontologico, sia quello finalistico relativo alla diffusione
delle notizie, pur con una tecnica di diffusione diversa dalla stampa;
CONSIDERATO che le nozioni di periodico, quotidiano e agenzia di stampa sono
sempre state intese
in modo estremamente ampio, proprio allo scopo di evitare forme di sindacato o
di controllo sui
contenuti stessi;
CONSIDERATO che la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che
nel concetto di periodico va ricompresa ogni pubblicazione programmaticamente
periodica "quale ne sia il contenuto informativo e ne sia stata o no
prestabilita la conclusione del piano di pubblicazione. Né a fondare
l'esclusione della tipologia può valere il fatto che il messaggio di cui è
portatrice sia trasmesso in tutto o in parte con mezzi diversi dalla stampa
tradizionale";
CONSIDERATO che in queste espressioni si coglie l'intendimento di ampliare la
tradizionale nozione
di periodico, onde adeguarla alle forme di diffusione più moderne, che, in tale
linea di tendenza, la
compatibilità delle nuove tecniche editoriali con la vigente normativa trova
risposta positiva..."
(Ordinanza del Tribunale di Roma del 6 novembre
1997)
2.
"L'abuso del diritto di cronaca è sanzionabile anche se commesso con il
mezzo "internet", poiché il mezzo non modifica l'essenza del
fatto".
(Ordinanza del
Tribunale di Teramo 11 dicembre 1997)
3.
"...contemporaneamente, tuttavia, la RAI modificava ad arte la home-page
(equivalente alla copertina o alla prima pagina di una comune testata
giornalistica) del sito...
Pertanto... l'opera denominata 'Mondo Italia' si configura come un peculiare
'giornale' telematico, destinato a comparire su un proprio c.d. sito del sistema
Internet, caratterizzantesi per la possibilità offerta all'utente di accedere,
anche attraverso rimandi c.d. ipertestuali, a prescelti servizi, trasmissioni, e
programmi radiofonici e televisivi...nonché per la possibilità offerta
all'utente di partecipare ed interagire individualmente con la redazione del 'giornale'"
(Ordinanza del Tribunale di Bari dell'11 giugno
1998)
4.
"I giornali e le riviste pubblicati in via esclusiva nelle reti telematiche
di cui all'articolo 1 della presente legge sono soggetti agli obblighi di
registrazione ed al regime di responsabilità di cui alla legge 8 febbraio 1948,
n. 47, e successive modificazioni".
(Progetto di legge 3530, proposto alla Camera
il 4 aprile scorso dal deputato Stagno d'Alcontres, articolo 2, comma 4)
Tre casi di giurisprudenza e una proposta legislativa che vanno
nella stessa direzione: l'equiparazione dell'informazione telematica con la
stampa tradizionale. E' vero che nel progetto di legge lo scopo del legislatore
è di segno repressivo (vedi PDL 3530, dilaga
l'internetfobia), ma questo rafforza, anziché indebolire, la tesi che
sostengo fin da prima della nascita di questa rivista: alle pubblicazioni
telematiche che abbiano i requisiti previsti dalla legge n. 47 del 2 febbraio
1948 si deve applicare, per quanto possibile, la stessa disciplina degli organi
di informazione su carta e radiotelevisivi (ai quali il regime della 47/48 è
stato esteso dall'articolo 7 della legge 14 aprile 1975, n. 103:
"Ai telegiornali ed ai giornali radio si applicano le norme sulla
registrazione dei giornali e dei periodici contenute negli articoli 5 e 6 della
legge 2 febbraio 1948, n. 47, i direttori dei telegiornali e dei giornali radio
sono, a questo fine, considerati direttori responsabili".
Chi "pretende" che la
telematica sia "stampa"?
Se la giurisprudenza si mostra disponibile all'innovazione, la dottrina tira
il freno. Lo dimostra il saggio di Vincenzo Zeno-Zencovich, La
pretesa estensione alla telematica del regime della stampa, pubblicato sul
primo numero di quest'anno della rivista Il diritto dell'informazione e
dell'informatica e diffuso on line da Beta.
L'autore prende spunto dall'ordinanza di
registrazione della nostra testata ed esordisce con l'affermazione che la
telematica non è "stampa". A sostegno di questo assunto cita
l'articolo 1 della legge 47/48, che nella definizione di "stampa e
stampato" non contempla il mezzo telematico, e le diverse interpretazioni
della nozione di stampa che si sono succedute da allora (naturalmente prima
della diffusione di Internet come mezzo di informazione).
Il punto fondamentale è che, contrariamente a quanto assume Zeno-Zencovich,
nessuno pretende che il regime della stampa venga esteso alla telematica,
perché la telematica comprende moltissime attività che non hanno nulla a che
fare con l'informazione. Commercio in rete, posta elettronica, trasferimento di
file, interrogazione di banche dati, giochi interattivi e quant'altro: chi mai
può sostenere che a queste attività si possano o devano applicare le norme
sulla stampa?
Ci sono però sulla Rete siti che hanno le stesse caratteristiche
dell'informazione giornalistica e, in alcuni casi, presentano anche i requisiti
che la legge richiede per la registrazione delle testate. Il problema è se
queste pubblicazioni possano essere iscritte - su istanza del proprietario o
dell'editore - nel registro della stampa.
Il Tribunale di Roma ha risposto affermativamente, individuando in InterLex i
requisiti "ontologico" e "finalistico" delle pubblicazioni a
stampa regolate dalla legge 47/48. In parole povere, il giudice ha ritenuto che
questa rivista abbia il carattere essenziale (requisito ontologico) e gli scopi
(requisito finalistico) di un giornale o di un periodico, ordinando quindi
l'iscrizione.
L'autore del saggio ha ragione quando sostiene l'inapplicabilità della legge
penale e anche di alcune disposizioni amministrative a una pubblicazione
telematica eventualmente iscritta al registro della stampa, e quindi della sua
parziale inutilità. Ma tutta la normativa che regola questa materia, che fa
ancora riferimento a Regi Decreti e norme fasciste, deve essere rivista alla
luce della società dell'informazione.
L'interpretazione della legge data dal Tribunale di Roma non risolve una serie
di problemi, come l'obbligo dell'iscrizione previsto dall'articolo 16, la
consegna obbligatoria degli stampati ai sensi della legge n. 374 del 2 febbraio
1939 (sic!) e via elencando. Ma queste considerazioni dovrebbero portare a
riflettere, de iure condendo, su come modificare o cancellare le norme ora
inadeguate, non a concludere che l'informazione telematica non può rientrare
nel concetto di stampa.
Per capire come questa visione sia fuori dalla realtà, colleghiamoci al sito
la Repubblica, tanto per avere un esempio
immediato alla portata di tutti, e chiediamoci se questo tipo di informazione
non ricada nel concetto di "stampa": è di assoluta evidenza che si
tratta di un giornale a tutti gli effetti. Presenta cioè i requisiti
"ontologico" e "finalistico" che per il Tribunale di Roma
legittimano l'iscrizione nel registro della stampa. Ma, secondo l'autore, il
giornale on line non potrebbe essere registrato, perché "la telematica non
è stampa"!
Se mai un tribunale rifiutasse l'iscrizione di una pubblicazione come
Repubblica.it sulla base dell'interpretazione restrittiva sostenuta da
Zeno-Zencovich, si verificherebbe senza dubbio una forte disparità di
trattamento tra informazione cartacea e informazione telematica, tale da portare
l'articolo 1 della legge 47/48 davanti alla Corte Costituzionale.
Questo è il vero problema: quando le vecchie norme si rivelano non più
adeguate all'evoluzione sociale e possono ostacolare lo sviluppo delle libertà
- qui è in gioco la libertà dell'informazione - gli esperti del diritto
dovrebbero applicarsi allo studio di norme nuove o del modo di aggiornare quelle
superate dai tempi.
Non c'è dubbio che l'ordinamento della stampa e della professione giornalistica
richiedano una revisione profonda, anche in funzione della nuova realtà
determinata dallo sviluppo tecnologico e dalla presenza di nuove figure -
professionali e non - di operatori dell'informazione. Ma fino a quando
resteranno i vigore le vecchie leggi bisogna cercare di applicarle, per quanto
possibile, al nuovo. Invece Zeno-Zencovich si impegna a dimostrare che la
lettera di una legge emanata mezzo secolo fa non è adatta ai tempi di oggi, e
arriva alla singolare conclusione che la realtà di oggi, in quanto non prevista
dalle antiche norme, non esiste!
E' lo stesso ragionamento di un celebre personaggio manzoniano, don Ferrante,
che giunse alla conclusione che il contagio della peste non esisteva in quanto
non era "né sostanza, né accidente".
Morì di peste.
Naturalmente auguro lunga vita al professor Vincenzo Zeno-Zencovich. Di
Internet non si muore, anzi, aiuta a vivere meglio.
"Il Web si sfoglia!!"
Di segno diverso e di taglio più problematico la nota che Pasquale Costanzo
dedica all'ordinanza
del Tribunale di Teramo citata all'inizio di questo articolo e pubblicata
sul secondo numero di quest'anno della stessa rivista Il diritto
dell'informazione e dell'informatica.
Costanzo punta l'attenzione sull'espressione "il mezzo non modifica
l'essenza del fatto" e avanza il dubbio che questa "indifferenza"
del mezzo possa rilevare in un caso come quello in esame, in cui è in gioco
un'inibizione della manifestazione del pensiero. Riconosce che "è la
stessa Costituzione a costruire ipotesi di tutela differenziate in ragione dei
diversi mezzi espressivi", ma nello stesso tempo trova carenti le
motivazioni del Tribunale, in quanto "ci si sarebbe dovuti maggiormente
interrogare sulla specificità del mezzo utilizzato".
La nota di Costanzo richiama correttamente la natura e le implicazioni
dell'informazione diffusa via Internet, esaminando i diversi motivi che possono
portare all'accoglimento della tesi dell'equiparazione tra giornale telematico e
giornale tradizionale, e gli argomenti opposti, fino ad affermare: "Ma, ad
una riflessione ulteriore, Internet potrebbe, in ragione di certe sue
caratteristiche tecniche (il Web si sfoglia!!), risultare suscettibile di una
configurazione più specifica quale mezzo diffusivo di notizie ed informazioni
in maniera non dissimile dalla stampa periodica. Tuttavia, come già
persuasivamente dimostrato da un'attenta dottrina, un collegamento immediato,
diretto e, per così dire, senza residui tra i due fenomeni risulterebbe del
tutto fuor di luogo, nel tempo stesso che la differenza strutturale tra i due
mezzi sarebbe verosimilmente di ostacolo anche ad un'indiscriminata omologazione
in sede legislativa di regime giuridico".
Questo è il punto: la "differenza strutturale" tra l'informazione
cartacea e quella telematica non dovrebbe costituire un elemento rilevante,
anche perché (come ricorda lo stesso autore) l'estensione della legge 47/48 è
già stata operata per la stampa e la televisione e quindi ben potrebbe il
legislatore compiere un atto analogo per la telematica. L'omologazione tra
stampa periodica e Internet è impossibile perché si tratta di grandezze
diverse. Mentre nessuno dovrebbe dubitare che le manifestazioni del pensiero
sulla Rete possano avere una tutela diversa da quelle espresse con mezzi
diversi, il regime specifico della stampa periodica non può che applicarsi ai
soli siti che presentino i requisiti "ontologico e finalistico"
impliciti nella legge 47/48.
L'individuazione, caso per caso o in generale, dell'esistenza di questi
requisiti può essere ardua, come rileva lo stesso Costanzo citando il confuso
impianto del disegno di legge S1138, ma non è vero che "le
modalità del mezzo diffusivo si presentano come esattamente le stesse qualunque
ne sia la provenienza o il grado di organizzazione e sistematicità": non
è difficile, "sfogliando" il Web, accorgersi della differenza tra
molti "siti" in senso generale e "organi di informazione"
strutturati come giornali.
E la conclusione alla quale giunge l'autore, che "non dovrebbe suscitare
dubbi la risposta negativa all'interrogativo se la specifica circolazione di
notizie e informazioni su Internet debba essere considerata ontologicamente tale
da esigere lo stesso regime della stampa" appare per qualche aspetto in
contrasto con le premesse.
Non c'è dubbio che spetti al legislatore il compito di adeguare le norme
alla nuova realtà dell'informazione, come è innegabile che l'estensione
giurisprudenziale della normativa sulla stampa all'informazione telematica è un
esercizio ardito (ma, a mio avviso, meritorio). Anche perché non è accettabile
che manifestazioni del pensiero del tutto analoghe, per quanto riguarda gli
aspetti "ontologico e finalistico", siano sottoposte a regimi
differenti per il solo motivo che raggiungono il pubblico attraverso canali
diversi.
Perché si dovrebbe
registrare una pubblicazione telematica?
A questo punto è necessario mettere a fuoco i motivi per i quali può essere
opportuna (ma non obbligatoria!) l'iscrizione di una testata telematica
nell'elenco del Tribunale.
Il pubblico ministero che ha ordinato il sequestro
del server di Isole nella Rete - poi non convalidato dal GIP - si sarebbe
trovato in difficoltà se il sito fosse stato una testata registrata presso il
Tribunale, o se dallo stesso server fosse stata diffusa una testata registrata
ai sensi della legge 47/48, e quindi protetta dal terzo comma dell'articolo 21
della Costituzione:
"Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dall'autorità
giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente
lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive
per l'indicazione dei responsabili".
La diffamazione non rientra tra i delitti che consentono il sequestro.
Senza ripetere le considerazioni già espresse sul sequestro del 27 giugno
(vedi Internet, diritto e politica, non c'è da
stare allegri), dobbiamo riflettere sulla speciale tutela che la
Costituzione assicura alle libere manifestazioni del pensiero compiute
attraverso la stampa (che, al tempo in cui la legge fu emanata, costituiva
praticamente l'unica forma di diffusione disponibile per la generalità dei
cittadini).
Va ricordato prima di tutto che la legge del '48, per la parte che riguarda la
stampa periodica, non si applica a qualsiasi manifestazione del pensiero, ma
soltanto alle fattispecie previste dal combinato disposto dei primi tre
articoli:
1. Definizioni di stampa o stampato. - Sono considerate stampe o stampati, ai
fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con
mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla
pubblicazione.
2. Indicazioni obbligatorie sugli stampati. - Ogni stampato deve indicare il
luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello
stampatore e, se esiste, dell'editore. I giornali, le pubblicazioni delle
agenzie di informazione e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare
l'indicazione;
del luogo e della data di pubblicazione;
del nome e dell'indirizzo dello stampatore;
del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile....
3. Direttore responsabile. Ogni giornale o altro periodico deve avere un
direttore responsabile...
Inoltre, come prescrive l'articolo 5, nessun giornale o periodico può essere
pubblicato se non è stato iscritto nel registro della cancelleria del tribunale
del luogo di pubblicazione. Il direttore responsabile, secondo l'articolo 46
della legge 3 febbraio 1963, n. 69, deve essere un giornalista iscritto all'albo
professionale.
Questi sono gli aspetti fondamentali, ma c'è anche una serie di disposizioni
secondarie che, a ben guardare, pongono non pochi obblighi a carico di chi
voglia pubblicare un giornale o un periodico. Perché?
Questo è il punto essenziale: imponendo l'esistenza di particolari requisiti
e l'assolvimento di alcuni obblighi, si ottiene una forma di
"garanzia" (non solo teorica) della "qualità" della stampa.
Inoltre si possono porre particolari diritti e doveri (primo fra tutti il
segreto professionale) che da una parte assicurano l'indipendenza dell'attività
giornalistica e dall'altra la protezione della collettività dai possibili abusi
della stampa.
Ora resta solo da chiedersi perché mai l'informazione telematica non possa - o
non deva - essere equiparata all'informazione tradizionale, mantenendo la
distinzione tra espressione del pensiero in generale e "stampa" ai
sensi della legge 47/48, cioè l'informazione in senso professionale.
L'obiezione che viene spesso sollevata su quest'ultimo punto è che con
l'avvento della telematica interattiva tutti gli utenti della Rete sono, o
possono essere, autori dell'informazione. E anche editori e stampatori, dal
momento che manca qualsiasi intermediario che abbia la possibilità di influire
sulla diffusione. E' vero. Ma proprio questa realtà rende opportuna la
distinzione tra informazione "volontaristica" e informazione
professionale, e proprio allo scopo di tutelare sia gli utenti, sia i soggetti
sul conto dei quali vengano diffuse notizie di qualsiasi tenore.
Infatti la presenza di un responsabile - che per essere iscritto all'albo deve
aver dimostrato di possedere determinati requisiti - costituisce un filtro
indispensabile per attribuire un vero e proprio "marchio di qualità"
alle informazioni che provengono da testate giornalistiche registrate ai sensi
della legge sulla stampa.
Posso fare un esempio immediato. Se un collaboratore manda a InterLex - che
è una testata registrata, della quale sono direttore responsabile - un
"pezzo" del tenore del messaggio diffuso da Isole nella Rete, non lo
pubblico. Mando all'autore un messaggio e-mail in cui gli chiedo:
a) da dove ha appreso la notizia, se ha fatto il possibile per verificarla, se
si può citare la fonte;
b) nel caso di dubbi sull'esattezza della notizia, di modificare il testo, con
l'eventuale uso del condizionale (secondo fonti solitamente ben informate il
signor Tal dei Tali manterrebbe rapporti con...), o di fornire altri elementi
che diano al lettore la misura dell'attendibilità dell'informazione;
c) se è necessario, di cambiare il titolo, anche per evitare riferimenti
personali diretti (è accaduto poco tempo fa) o suscitare polemiche
ingiustificate.
Insomma, il responsabile è un intermediario che in qualche modo verifica e
"certifica" la qualità dell'informazione, facendosi carico delle
eventuali conseguenze di notizie inesatte o offensive, o che possano comununque
configurare un illecito..
Invece, su un mezzo "generico", dove l'autore immette direttamente il
materiale in rete, passa qualsiasi notizia, anche priva di fondamento, anche
diffamatoria, offensiva o in violazione della normativa sui dati personali. Si
tenga presente che le norme della legge 675/96, e il codice di autodisciplina
adottato sulla base dell'articolo 25, da una parte conferiscono ai giornalisti
una più ampia libertà di diffusione di dati personali, ma dall'altra
subordinano l'esercizio di questa libertà all'osservanza di particolari
obblighi.
In ultima analisi, la qualifica di stampa periodica eventualmente attribuita
a una pubblicazione telematica determina forse più vincoli che privilegi, ma
proprio per questo costituisce una garanzia per l'utente. E così si dovrebbe
arrivare alla conclusione che equiparare l'informazione telematica - nei casi in
cui presenta i necessari requisiti - alla stampa periodica può essere uno
strumento di non trascurabile rilievo per lo sviluppo di Internet.
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