E' una diagnosi spietata quella di Nino
Rizzo Nervo sullo stato di salute della Rai: "La
perdita di credibilità e
autorevolezza la cui conseguenza è il progressivo
distacco dell’opinione pubblica (il crollo verticale
degli ascolti del Tg1 ne è la dimostrazione) che fa
fatica a riconoscere nel servizio pubblico
radiotelevisivo un servizio di interesse generale".
La soluzione? "C’è bisogno di una svolta, di un cambiamento
profondo, consigliato non solo dalle carenze dell’oggi
(mancanza di pluralismo, eccessiva e dannosa presenza
partitocratica, una direzione generale non all’altezza)
ma soprattutto consigliata dalla visione strategica che
emerge dalla rivoluzione tecnologica in atto", è
la risposta di Carlo Rognoni,
presidente del Forum per la riforma del sistema
radiotelevisivo del Partito democratico.
In queste due citazioni si riassumono i contenuti di un recente
seminario del Forum: la situazione sempre più critica
dell'ente radiotelevisivo, sempre sotto attacco da parte
della maggioranza di governo, e l'idea di un progetto
che deve attendere tempi migliori per essere messo in
cantiere. Anche se nel contesto attuale la proposta di
Rognoni appare da libro dei sogni, è opportuno porre le
basi di un discorso che dovrà essere posto all'ordine
del giorno appena il signore delle televisioni non avrà
più il controllo quasi diretto della Rai.
Dunque le conclusioni di Carlo Rognoni devono essere valutate con molta
attenzione, anche perché sono basate sulla sua
esperienza di politico e di ex consigliere di
amministrazione di viale Mazzini. Si tratta di proposte
concrete, realizzabili nel medio termine, anche se per
qualche verso possono apparire rivoluzionarie.
Di fatto ricalcano, in linea generale, alcuni punti del disegno di legge
presentato nella passata legislatura dall'allora
ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni. Disegno
che, a sua volta, riprendeva diversi aspetti di
un'abortita proposta di legge di iniziativa popolare,
in particolare la costituzione di una fondazione come
"paratia stagna" tra la politica e l'ente. Di
nuovo c'è l'idea di una Rai divisa in due aziende, una
finanziata solo dal canone e una dalla pubblicità,
secondo il modello inglese.
Per il canone Rognoni proponi una base impositiva fondata sulla
residenza, che consentirebbe di diminuire l'attuale,
intollerabile evasione. Ma forse la riscossione
attraverso le bollette dell'energia elettrica sarebbe
più efficace. A questa ipotesi qualcuno ha obiettato
che l'alto numero dei fornitori di elettricità
renderebbe l'operazione troppo complicata. Però tutti
questi soggetti hanno già un canale aperto con il
fisco, per il versamento dell'IVA e di altri tributi:
basterebbe aggiungere una voce all'elenco.
Più complesso è il discorso che riguarda l'indirizzo, la gestione e il
controllo delle attività dell'ente. La proposta di
Rognoni appare prudente e ancora per qualche verso
legata allo schema attuale. Nessun dubbio che
l'indirizzo generale del servizio pubblico spetti al
Parlamento e che la governance dell'azienda debba
essere affidata a persone non legate alla politica. Ma
il controllo affidato all'AGCOM potrebbe far rientrare
dalla finestra quello che si è cacciato dalla porta,
visto che l'autorità è di nomina politica. Un comitato
di personalità indipendenti potrebbe essere più
indicato, anche qui secondo il modello inglese
dell'ultima Royal Charter.
Altri punti meritano un approfondimento. Si deve aprire una discussione
seria perché l'esistenza di un progetto organico, sia
pure limitato alle linee generali, è un primo passo
importante per la futura riforma. Che si spera possa
arrivare prima che sia troppo tardi, prima che il
declino della Rai giunga a un punto di non ritorno.
Senza dimenticare che, in assenza di qualche correttivo da introdurre
subito, l'attuale predominio televisivo del Governo in
carica sarebbe intollerabile nella prossima (quanto
prossima?) campagna elettorale.
P.S. Nelle scorse settimane si è molto discusso di un "atto di
indirizzo", proposto dal senatore Alessio Butti,
con nuove e più pesanti censure per l'informazione
televisiva. Ne sono stati anche diffusi alcuni stralci
(vedi Alcuni pezzi della
proposta di "bavaglio 2001"). Ma, almeno
fino a ieri, il documento non risultava depositato alla
Commissione di vigilanza. Curioso, no?
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