Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Televisione

La TV digitale terrestre nel sistema dei media - 2

06.09.06

Continuiamo l'analisi delle prospettive della televisione digitale terrestre, esaminando i problemi dei contenuti e del loro formato.

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I contenuti della DTT

Nel primo articolo ho accennato al fatto che la televisione digitale terrestre è una piattaforma ibrida, che si colloca tra la TV tradizionale e l'internet. Qualcuno ha detto che la DTT non serve a nulla, dal momento che tutto quello che passa sul digitale terrestre può passare sul satellite e, con maggiore interattività, sull'internet; senza contare il fatto che, dalla parte dell'utente, non ci sono differenze operative sostanziali tra il digitale satellitare e il digitale terrestre. 
Dal punto di visto tecnico questo è vero, ma nei fatti ci sono diverse ragioni per le quali il digitale terrestre esiste e ha buone prospettive di sviluppo, non solo come semplice evoluzione della televisione analogica. Alcune le abbiamo già viste, di altre ci occupiamo ora.

E' vero che il maggior numero di canali terrestri resi disponibili dalla tecnologia digitale non può competere con quello, molto più ampio, dei satelliti, ma ci sono due fatti essenziali a favore del terrestre: il primo, come abbiamo già visto, è la diffusione universale dell'analogico, che rende ogni attuale utente televisivo un potenziale utente del DTT, con la sola spesa per l'acquisto del ricevitore (ma ci sono già sul mercato televisori con un elementare decoder incorporato). In questo modo per una larga fascia della popolazione il passaggio non è impegnativo come può esserlo quello all'internet, medium che richiede l'acquisto di apparecchiature meno familiari e l'apprendimento di un diverso modo d'uso.

L'apparente svantaggio (rispetto al satellite) della limitata copertura territoriale può essere invece una carta vincente, perché il DTT sembra fatto su misura per l'emittenza locale: copertura del solo territorio che interessa, con in più l'interattività, che può trasformare le TV locali in un mezzo simile alle "reti civiche" dell'internet. Ma fruibile, allo stato attuale, da una fascia di popolazione molto più ampia. In sostanza, consente contenuti "mirati" su un territorio ben definito.

Così siamo arrivati naturalmente a parlare dei contenuti della televisione digitale terrestre. Ed è l'argomento centrale del nostro discorso, perché i media si sviluppano solo se ci sono contenuti. E' la disponibilità di contenuti che determina l'esistenza stessa dei diversi media e delle diverse "piattaforme": la tecnologia di per sé non serve a nulla, sono le applicazioni che ne giustificano l'esistenza.
Nella prima fase dello sviluppo del digitale terrestre in Italia (quella che avrebbe dovuto concludersi con l'impossibile switch-off dell'analogico alla fine di quest'anno), si era puntato su due categorie di contenuti: lo sport a pagamento e i servizi della pubblica amministrazione. Oltre, naturalmente, alla "migrazione" dei canali esistenti dall'analogico al digitale.

Il risultato? Un fallimento. A ridosso della scadenza (già rinviata una volta) prevista per lo switch-off nelle regioni "pilota", circa metà della popolazione non aveva ancora il ricevitore, nonostante gli incentivi statali. Segno evidente della mancanza di interesse da parte del pubblico televisivo.
L'esperienza della Gran Bretagna, il Paese oggi all'avanguardia in Europa per la diffusione del digitale terrestre, mostra che il pubblico si attiva quando c'è un'offerta sostanziale di contenuti gratuiti. La scoperta dell'acqua calda...

Ma c'è un dato interessante che emerge dalla già citata indagine svolta per il CNIPA dall'Istituto Piepoli: nel periodo compreso tra il 22 e il 27 aprile 2006, ben il 70 per cento dei non utilizzatori del digitale terrestre non aveva intenzione di acquistare un ricevitore nei successivi tre mesi. Un dato che probabilmente si giustifica in buona parte con la scarsità di informazione, ma rivela nel pubblico una diffusa mancanza di interesse verso la novità. Per quanto riguarda lo sport (che dalla stessa indagine appare un fattore trainante) c'è l'ampia offerta via satellite. Sempre secondo l'indagine, i servizi della pubblica amministrazione nel periodo esaminato erano sfruttati solo dall'uno per cento del campione. E questo nonostante gli sforzi (e i soldi) profusi dal CNIPA.

In sostanza, l'indagine commissionata dal CNIPA mostra che la diffusione della DTT è ancora a livelli molto bassi. D'altra parte la copertura del territorio è a macchia di leopardo, con molte aree in cui si ricevono pochi canali (si veda la pagina Ricerca copertura sul sito dell'associazione DGTVi). A parte i canali nazionali, l'offerta attuale è fatta soprattutto di sport (gratis o a pagamento) da parte di Mediaset e La7. Ci sono anche alcuni canali esteri, prima disponibili solo via satellite. Un'emittente di televendite, pochissimi i canali "di servizio", in molte zone non si riceve nemmeno Rai News 24. Le emittenti locali si contano sulle dita, anche in Sardegna e Valle d'Aosta, che oggi dovrebbero essere già "all digital" (secondo i programmi del passato Governo). In queste regioni ci sono addirittura aree non coperte dal servizio o in cui non si ricevono nemmeno i tre canali nazionali della Rai.

Dunque la diffusione della DTT è solo all'inizio ed è evidente che, fino a quando non ci sarà un'offerta di contenuti accattivanti, ben pochi saranno indotti all'acquisto del ricevitore. Di conseguenza si pone il problema di capire quali contenuti devono essere sviluppati: contenuti specifici per il digitale terrestre, perché replicare l'offerta della TV analogia e via satellite non porterebbe a risultati di rilievo. La scelta non è facile, anche perché l'esperienza inglese dimostra che solo l'offerta "free" può determinare il successo della piattaforma, ma le produzioni costano ed è necessario che da qualche parte i soldi rientrino.

Dalla parte dei fornitori

Contenuti specifici per il mezzo, come si è detto, ma è evidente che in molti casi non converrà produrre solo per il digitale terrestre: i nuovi programmi dovranno essere realmente "multimediali", cioè destinati alla distribuzione su media diversi. Lo vediamo già con i contenuti audiovisivi come musica e video, che sono fruibili attraverso molti mezzi, dai supporti fisici (CD, DVD, lettori MP3) all'internet, alla radio, ai telefoni cellulari. O con gli eventi sportivi, che vanno sulla TV "generalista" e sui canali specializzati a pagamento, ma anche alla radio e sui telefonini. E via elencando.

E' abbastanza evidente che soprattutto i fornitori di maggiori dimensioni sceglieranno (anzi, hanno già scelto) la strada della multimedialità. Ma questo non significa che un contenuto possa "passare" così com'è sui diversi media. Un grande film non può essere visto sullo schermo del telefonino o nel riquadro di 320x240 pixel dello streaming via internet. Media diversi richiedono linguaggi diversi. Lo abbiamo capito fin dagli albori della televisione, quando si è visto che i "campi lunghi" e i dettagli della scenografia di un film non "passano" sulla TV; di conseguenza questa impone per la fiction un linguaggio visivo diverso da quello del cinema. E non parliamo dei telefonini, dove l'intera immagine si riduce a pochi elementi essenziali. Dunque un contenuto deve presentare un formato specifico per ogni mezzo attraverso il quale viene trasmesso, anche in considerazione dei diversi livelli di interattività dei diversi mezzi.

Un ottimo esempio di "riformattazione" dei contenuti è un canale sperimentale del servizio pubblico, Rai Utile, pensato in primo luogo per sfruttare l'interattività del digitale terrestre, ma diffuso  anche sul satellite e sull'internet: come una normale trasmissione televisiva sul satellite, con approfondimenti e interattivo sulla DTT, ancora più ricco e interattivo sull'internet.

Risalendo a un passato non troppo lontano, troviamo l'esempio dei giornali, la cui versione on line era inizialmente la semplice riproduzione delle pagine stampate, con l'interattività limitata alla scelta delle pagine stesse. Poi gli editori hanno imparato a sfruttare le potenzialità del web e i giornali on line sono diventati ricchi ipertesti da "navigare", ben diversi dalle edizioni cartacee. Nei casi in cui un giornale offre anche l'informazione sui telefoni mobili, via SMS, il formato cambia ancora e si riduce a secche notizie di poche parole. Carta, internet e cellulare sono dunque tre diversi formati che il giornale può assumere oggi a seconda del mezzo con il quale viene diffuso.

Ancora, i telegiornali delle reti generaliste sono trasmessi a pieno schermo e solo in qualche caso hanno una barra di notizie sintetiche che scorre nella parte inferiore del video. Invece i notiziari dei canali "alla news" suddividono lo spazio in diverse sezioni, con informazioni che cambiano autonomamente in ciascuna di esse. Ma le news sull'internet sono presentate in maniera del tutto diversa: vediamo, per esempio, Rai News 24 o BBC World nelle edizioni on line e troviamo significativi esempi di riformattazione dei contenuti, con la panoramica immediata di tutte le notizie di attualità e la possibilità di consultare gli archivi e navigare "in orizzontale" o "all'indietro", cose impossibili con il flusso unidirezionale della trasmissione televisiva.

Dunque, se un contenuto è destinato a più media, deve essere adattato di volta in volta al mezzo specifico. Poi deve essere distribuito attraverso diverse piattaforme tecnologiche e infine deve arrivare all'utente: entra in scena il set-top-box, la "scatola" per ricevere, interagire, pagare... Ce ne occuperemo nella prossima puntata.

Articolo seguente: Il set-top-box, ma non solo...

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