|
|
|
|
|
In questa foto l'ampio spazio luminoso del
cielo ha ingannato il sistema esposimetrico: l'immagine è
venuta sottesposta, troppo scura.
In genere le fotocamere digitali "capiscono" il tipo
ripresa e si regolano di conseguenza, con risultati
accettabili. Ma è sempre bene controllare: fidarsi è bene,
dice il proverbio, non fidarsi è meglio.
|
|
|
|
|
L'insostenibile stupidità delle fotocamere
"intelligenti" |
|
|
Indice
delle lezioni |
Con le
fotocamere digitali il risultato è quasi sempre
garantito. La messa a fuoco è giusta, l'esposizione è
almeno accettabile. Ma l'impasto generale dell'immagine
lascia perplesso l'osservatore più attento. C'è qualcosa
che non va. I colori, i toni sembrano diversi dal vero.
E' il risultato delle impostazioni predefinite (di default)
degli apparecchi, che non sono pensate per ottenere
immagini fedeli, per quanto possibile, alla realtà fotografata. Le
fotografie devono essere sempre "spettacolari". La
pubblicità promette sistematicamente immagini "mozzafiato" (da guardare in apnea?).
Dunque la prima cosa che deve fare l'aspirante "bravo
fotografo" è liberarsi di tutte le impostazioni
suggerite dai sempre più complicati menù e impostare la
fotocamera per la risposta più lineare possibile. Ogni
marca ha le sue denominazioni: per Canon si chiamano
Picture Style per Nikon Picture Control,
Pentax presenta in partenza la selezione automatica del
tipo di scena, seguono "brillante" e
(finalmente!) "naturale". Poi ci sono vari "modi scena" e
tutto può essere personalizzato e memorizzato.Un buon fotografo elabora da solo il proprio stile, usa
la propria intelligenza e non quella della macchina.
Quindi il consiglio è di fare piazza pulita di tutte le
impostazioni più o meno "spettacolari" e tenere
come predefinita quella che in genere viene indicata come
"naturale".
Il buon fotografo sceglie la messa a fuoco e l'esposizione. Per la
messa fuoco, di solito è
predefinita una modalità che affida alla solita intelligenza
dell'apparecchio la misurazione su diverse aree
dell'inquadratura. In genere funziona, ma a volte il
fotografo cerca di staccare i piani con sfocature
calibrate. In questo caso è
utile impostare la lettura della distanza al centro dell'immagine, unita
a un diaframma aperto per ridurre la
profondità di campo.
Poi entra in gioco la scelta della modalità di
esposizione, automatica o no. Invece di quella
"programmata" (dai risultati spesso
imprevedibili), è bene scegliere la priorità dei
diaframmi (indicata con una [A], da Aperture)
per avere il controllo della profondità di campo. Invece
si può scegliere la priorità dei tempi (indicata come [S], da Shutter,
otturatore), utile quando si vogliono congelare azioni
rapide, tipicamente nelle riprese di sport o, al
contrario, ottenere deliberatamente una foto
"mossa", come nel secondo esempio qui sotto.
Un altro controllo importante è quello che aumenta o
diminuisce l'esposizione misurata dal sistema
esposimetrico.
Indispensabile quando ci sono luci "strane" come
nelle foto notturne o con soggetti molto chiari o molto
scuri.
Il resto è nella post-produzione, che può correggere
o modificare in larga misura i risultati della ripresa.
Per questo è essenziale che la fotocamera possa
registrare in modalità RAW ("grezza"),
che offre ampie possibilità di elaborazione anche con i
software forniti insieme agli apparecchi.
|
|
|
|
|
|
|
Questi sono i due comandi della
fotocamera essenziali per il fotografo che vuole
avere il controllo preciso dei risultati.
Il selettore del modo di scatto seleziona
l'impostazione programmata [P]... dagli
ingegneri che hanno progettato la fotocamera.
Le impostazioni [A] e [S] sono quelle
che servono a controllare l'immagine. Con [A]
si dà la priorità al diaframma (Aperture)
e si definisce la profondità di campo; con [S]
si controlla il movimento con il tempo
dell'otturatore (Shutter). |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Strana luce di un'alba di fine
estate, mentre arriva un temporale. L'ineffabile intelligenza
digitale ha prodotto una foto banale (sopra). Per
ricostruire i colori reali ho dovuto sottoesporre di -2 EV
(sotto) e poi correggere la temperatura di colore in
post-produzione.
L'effetto finale (a sinistra) riproduce correttamente la scena che ho
visto. |
|
|
|
|
|
|
|
Passa il Giro d'Italia. Quante
foto scontate, ovvie (come quella qui sotto) delegate all'intelligenza della macchina. L'intelligenza del
fotografo può fare di più: priorità ai tempi, abbassare gli ISO, qualche scatto di
prova... e poi la foto giusta, che racconta l'impegno dei
corridori con un'immagine non convenzionale.
Grazie agli automatismi digitali, le fotografie riescono sempre.
Non ci sono quasi mai "scatti falliti",
inquadrature troppo scure o troppo chiare, sfuocate o
così mosse da risultare illeggibili. Ma, molto spesso, sono immagini che non esprimono tutto il
potenziale visivo del mezzo fotografico o videografico. |
|
|
|
|
|
31 luglio 2018, eclissi
di Luna: davvero il cielo era così chiaro alle 21:05?
No, naturalmente. La fotocamera è stata così intelligente
da sovraesporre un'immagine che, a suo giudizio,
sarebbe apparsa troppo scura. Nello scatto
successivo, ho corretto l'esposizione di -2 EV e ho
ottenuto una fotografia realistica.
Nell'esempio precedente abbiamo visto un caso-limite, la disattivazione
parziale dell'automatismo, con uno scopo "creativo".
Invece nel caso della Luna la correzione dell'esposizione era
necessaria per fare la foto "giusta", con la dimostrazione
che il fotografo è più intelligente della macchina. Ogni volta che deleghiamo le nostre decisioni a un
sistema "intelligente" rinunciamo a usare la nostra intelligenza di persone. In
sostanza, ci comportiamo da stupidi.
Un risultato simile si poteva ottenere anche in post-produzione.
In ogni caso è necessario poter escludere tutti gli automatismi,
per partire dalla migliore immagine possibile.
Un fotografo che vuole controllare ogni aspetto dell'immagine finale
deve avere un apparecchio che:
a) produca immagini in formato RAW, cioè "grezzo", sulle
quali si possono compiere interventi essenziali, come la modifica
della temperatura di colore;
b) la possibilità di regolare messa a fuoco, tempo e diaframma.
Alla fine dei conti erano le sole regolazioni disponibili sulle
fotocamere meccaniche di una volta.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Dintorni di Amatrice, rovine del terremoto del 2016. Le fotocamere digitali danno la
possibilità di impostare diversi "stili" e sembra ovvio riprendere un paesaggio con
lo "stile paesaggio" (nella foto qui a sinistra applicato in
post-produzione, il risultato non cambia).
La foto è
d'effetto, ma i colori sono irreali, come si nota dal verde
troppo brillante del fogliame e dal contrasto elevato
(naturalmente occorre un monitor ben tarato, come abbiamo
visto nella lezione
precedente).
Qui sotto, con l'impostazione "neutra" allo scatto, l'immagine ha
colori meno "mozzafiato", ma più fedeli a quelli della scena
ripresa.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Ecco tre versioni della stessa inquadratura, che mettono a confronto
l'intelligenza della macchina con quella del fotografo. Qui a sinistra
c'è lo scatto originale, con l'impostazione "neutra" che
uso sempre (tanto la posso sempre cambiare in post-produzione).
I colori sono quelli che ho "visto" al momento dello scatto.
Sotto a sinistra c'è la versione "standard", impostazione predefinita
dell'apparecchio. Si nota il contrasto leggermente più alto, in
particolare nei muri gialli illuminati direttamente dal Sole, mentre i
toni più scuri, come il muro sul lato sinistro e quello in alto a
destra, sono ancora più scuri. Le differenze sono piccole, ma
l'impatto della foto cambia.
Un'immagine come questa può prestarsi a una deliberata
accentuazione del colore. Eccola, sotto a destra, con l'impostazione
"saturo" (leggermente accentuata in post-produzione).
L'immagine non è realistica, ma molto efficace, per esempio per un
opuscolo turistico – è uno scorcio del borgo di Boccadasse a
Genova.
La differenza fra le tre versioni si vede bene nel rettangolo di
cielo. Naturalmente adottare un particolare stile o modificare in
qualsiasi modo i toni della fotografia è una scelta personale. L'importante è
non affidarsi alla macchina, cioè ai gusti degli ingeneri che l'anno
progettata, ma usare l'intelligenza umana al posto di quella digitale.
|
|
|
|
|
Contrasto estremo, una situazione difficile
anche per il più intelligente degli esposimetri. Qui sono partito
da una sottoesposizione di -1,7 EV, ma il braccio di Paolo Fresu
restava troppo chiaro rispetto al viso e allo strumento (foto a sinistra).
Un semplice intervento in post-produzione ha messo tutto a posto,
con la "limatura" delle alte luci e lo schiarimento delle
ombre (foto a destra). |
|
|
|
|
|
|
|
|
Mettere a fuoco la consolle in primo piano o il palco sullo
sfondo? In situazioni come questa l'automatismo "multipunto"
può andare nel pallone. Meglio misurare la distanza con
l'impostazione "area singola" e ricomporre
l'immagine con il pulsante di scatto premuto a mezza corsa. E
sottoesporre di -1EV per evitare che il furbo esposimetro
schiarisca una scena che è naturalmente scura.
Anche in questo caso non è l'intelligenza della macchina che
"ha fatto la foto", ma quella del fotografo.
|
|
|
|
|
|
|