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Sole sulla neve e ombre scure: una sfida per
l'esposimetro, ma anche per il monitor. Che deve mostrare le
sfumature delle alte luci e nello stesso tempo i dettagli
delle ombre. Per ottenere questo risultato è indispensabile
un monitor adatto e calibrato con cura. Così si può fare a
meno di costosi schermi specialistici, come vediamo in questa
lezione. |
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Calibriamo il monitor (i colori non sono
un'opinione) – 1 |
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Indice
delle lezioni |
La
fotografia digitale offre infinite possibilità di
elaborazione, dalla semplice
post-produzione (correzioni della luminosità, della
temperatura di colore e altre) fino ai "trucchi"
più sofisticati di Photoshop e affini.
La post-produzione è il processo che corregge e migliora l'immagine
fino a renderla come il fotografo l'ha pensata. L'immagine finale deve poter essere vista da chiunque come
il fotografo l'ha creata, con quei colori, con quelle
sfumature. Un cielo azzurro deve essere di
quell'azzurro, non blu per un difetto di luminosità o
celestino pallido, quasi bianco, per un eccesso di contrasto. Per ottenere questi
risultati è necessario lavorare con un monitor che assicuri la più
alta fedeltà possibile nella resa dei colori, secondo
standard comuni.
Ci sono monitor specifici per l'uso fotografico, più costosi dei normali
modelli home-office, e ci sono quelli da videogioco, molto
veloci nella risposta, ma a volte poco fedeli nella resa
dei colori.
Tuttavia anche i monitor "normali" possono
soddisfare le esigenze del fotografo o del videografo, purché rispettino
alcuni requisiti – ne parliamo in questa pagina
– e siano
regolati a puntino, come vedremo nella seconda parte di
questa lezione.
In ogni caso è praticamente obbligatorio
l'uso di due monitor, uno "di servizio" per
compiere tutti i passaggi e uno per la
visualizzazione delle fotografie a pieno schermo e per
l'ingrandimento dei dettagli. Per il primo va bene
qualsiasi schermo di buona qualità e dimensioni e
risoluzione sufficienti a non affaticare la vista; per il secondo i
requisiti sono più critici, soprattutto se si vogliono
realizzare elaborazioni che vanno al di là della normale
post-produzione.
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Un test al volo. Anche in una foto
così piccola (vista su un monitor di almeno
24") si devono vedere le cuciture della camicia
bianca di Ferdy Coppola e si deve capire che quella
di Giorgio Cùscito è blu e non nera. |
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Un'altra "prova al volo". Con
qualsiasi programma di grafica si disegna un rettangolo grigio
medio e lo si osserva a pieno schermo. Così si controlla a
colpo d'occhio la presenza di sensibili differenze di
luminosità o di colore su tutta la superficie. |
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I
parametri essenziali
Per l'uso fotografico i parametri essenziali per la scelta di un monitor
sono, in ordine di importanza:
1. la resa dei colori;
2. le dimensioni, anche in funzione della distanza di
osservazione;
3. la risoluzione, non particolarmente critica nel normale
lavoro di post-produzione, ma importante per le
elaborazioni più critiche "da Photoshop".
Per il montaggio video, oltre ai punti 1 e 2,
occorre un monitor di
sevizio abbastanza grande perché, oltre all'area in cui si vede
l'anteprima delle clip, occupa molto spazio la time line,
oltre a diversi menù. In pratica nel montaggio video i due monitor
affiancati sono indispensabili. Il secondo dovrebbe avere la
stessa risoluzione del materiale in produzione, che può
essere FHD (Full High Definition, 1920x1080 pixel),
o 4k (3840x 2.160), fino al Cinema 4k (4.096 x 2.160).
Per uso fotografico c'e anche il QHD (2560 x 1440), che
rappresenta un buon compromesso.
In ogni caso, è consigliabile scegliere un monitor in tecnologia
IPS (In Plane Switching), che offre una migliore resa
dei colori e soprattutto un angolo di visione più ampio (quindi con
minori differenze di luminosità percepita tra centro e angoli).
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Una schermata di controllo dal software di
una vecchia scheda nVidia. Questi test sono utili per una
prima approssimazione nella regolazione dei colori. Osservando
le bande bianche e lo sfondo grigio un occhio allenato può rilevare
eventuali dominanti di colore. |
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Attenzione ai preset! |
Apparecchi da ripresa, monitor, schede video
sono predisposti dai fabbricanti non per ottenere colori
fedeli, ma per ottenere effetti "mozzafiato"
(l'aggettivo è forse il più usato nelle descrizioni).
Significa, in pratica, che i colori sono riprodotti con una
saturazione eccessiva e con tonalità accattivanti, ma lontane
dalla realtà. C'è sempre un menù che offre la scelta tra
modalità "foto", "cinema",
"giochi" eccetera, una più devastante dell'altra
dal punto di vista del fotografo.
E' necessario impostare sempre tutti gli elementi
della catena in modalità "standard" (che di solito
consente la regolazione dei singoli parametri) o, meglio sRGB,
il sistema di riproduzione dei colori usato in campo
fotografico (invece nella grafica lo standard è l'Adobe
RGB, che tiene conto della resa della stampa su carta).
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Ma prima c'è la scheda video
Prima di parlare del monitor si deve considerare la
scheda video perché, se il segnale che arriva al monitor non è
di buona qualità, lo schermo non può migliorarlo. Le
sezioni video incorporate nelle piastre madri dei PC di
generazione recente spesso sono sufficienti, ma ci deve
essere un software che permetta di intervenire su tutti i
parametri importanti (equilibrio dei colori, luminosità,
contrasto eccetera).
Quando non c'è la scheda video incorporata, o quando si
cercano risultati migliori, si deve acquistare una scheda
a parte.
Il problema è che ogni scheda video ha una specie di
"opinione personale" nella resa dei colori.
Cambi la scheda e cambiano i colori. Per la
migliore fedeltà cromatica servirebbe una scheda
specificamente dedicata alla grafica e all'elaborazione
fotografica. I migliori fabbricanti ne propongono diverse,
a prezzi piuttosto alti. Ma il problema si può superare,
nella maggior parte dei casi, con un'attenta taratura del
monitor (come vedremo nella seconda parte di questa
lezione), a condizione che scheda e monitor siano di
qualità adeguata.
Meno importante è un parametro spesso sbandierato come
decisivo: la "profondità" del colore. Dipende dal numero di bit con i quali
viene descritto ogni colore: con lo standard a 8 bit,
gestito da qualsiasi dispositivo, si possono descrivere
(in teoria) 16,7 milioni di colori; con schede e
monitor da 10 bit per colore il totale arriva a oltre
un miliardo. Serve? La mia personale risposta è
"no" per l'uso fotografico e a maggior ragione
per il video, in cui le sfumature di colore sono massacrate dalla compressione digitale del segnale.
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Per la corretta osservazione delle
fotografie si deve disporre il monitor in posizione frontale e
inclinato in modo che la linea
dello sguardo raggiunga il centro dello schermo formando un
angolo retto.
In caso contrario, soprattutto con i monitor meno recenti, si possono verificare alterazioni
della percezione dei colori su tutta la superficie e della
luminosità fra centro e angoli.
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Qui sopra, le inquadrature in rapporto
3:2 (blu) e 4:3 (rosso) su uno schermo nel comune formato
16:9. L'area sprecata (nero) è notevole.
Sotto, con uno schermo in formato 16:10 lo spazio è sfruttato
meglio e si può usare un monitor più piccolo a parità di
dimensioni della foto. |
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Sotto: con un supporto girevole si
possono esaminare a pieno schermo anche le inquadrature
verticali |
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Molto grande non serve
Quanto deve essere grande uno schermo per l'uso
fotografico? La risposta è facile: dipende dalla distanza
di visione. Come abbiamo visto in diverse lezioni
precedenti (in particolare nella N. 7), noi guardiamo
il mondo usando
solo una parte del nostro campo visivo: l'angolo di
visione nitida (che varia da persona a persona) è tra i
50° e i 60°, sui 180° circa normalmente abbracciati
dallo sguardo (l'area rosa nello schema qui a destra).
Le dimensioni ideali dello schermo devono essere tali
da occupare tutto il campo visivo nitido, come si vede
nello schema destra, in basso: se è troppo
grande siamo istintivamente portati ad allontanarci per
comprendere tutta l'immagine; viceversa se è troppo
piccolo ci avviciniamo.
ll calcolo delle dimensioni è abbastanza semplice, ma una
regola pratica è più utile: per vedere
comodamente l'intera inquadratura, la distanza di
visione ottimale è pari alla diagonale dell'immagine
visibile (che in genere è inferiore alla
diagonale dello schermo – una foto con il normale rapporto
tra i lati di 3:2 su uno schermo 16:9 da 27" ha una
diagonale pari a circa 58cm, sui 68cm totali).
Il rapporto 16:9 è il più diffuso tra i monitor e i
televisori: è il formato dei filmati in FHD (Full High
Definition, 1920x1080
pixel) e in 4K (3940x2160 in ambito televisivo).
Però le
fotografie sono più "strette", con rapporti
pari a 3:2 (full frame e APS-C) o 4:3 (molte
fotocamere bridge), quindi una parte della
superficie dello schermo è sprecata.
Una buona soluzione (anche per le tasche!) è l'acquisto
di un monitor in formato 16:10 (formato WUXGA) invece che
16:9. In
sostanza la risoluzione è 1920x1200 invece che 1920x1080.
Il formato meno "schiacciato" è sfruttato quasi
tutto con immagini 3:2, tanto che basta uno schermo da
24" per avere una diagonale effettiva (e quindi una
distanza di visione) di poco inferiore a quella che si ottiene
con un 27" FHD. Nella dimensione 24" con
rapporto 16:10 ci sono
anche monitor IPS di buon livello a prezzi accessibili.
Naturalmente queste indicazioni
vanno lette con una buona approssimazione, perché fattori
individuali come l'acutezza visiva e le (a volte cattive)
abitudini portano molte persone a non seguire questa
semplice regola.
Spesso si usa uno schermo più grande del
necessario e ci si allontana con la testa quando si cerca la visione complessiva dell'immagine. Mentre ci
si avvicina per vedere i dettagli. Una ginnastica che, a
lungo andare, stanca. Come lo sforzo di analizzare i
dettagli su uno schermo troppo piccolo.
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Questo schema
(Immagine da Wikipedia) rappresenta il nostro
campo visivo. L'area in rosa rappresenta il "campo
nitido" della visione binoculare, su un angolo
orizzontale tra i 50° e i 60°. Uno
schermo che occupi la maggiore superficie possibile
all'interno di questa zona è la soluzione ottimale per
l'osservazione delle immagini (vedi l'ingrandimento qui
sotto), alla normale distanza di visione, che è tra i 40 e i
50 centimetri. In sostanza si disegna un campo orizzontale di
visione che corrisponde, più o meno, a quello un triangolo
equilatero sulla diagonale dell'immagine.
A causa del piccolo angolo del campo più nitido (il
cerchietto al centro),lo sguardo si muove per leggere i
dettagli. Sui quali si può lavorare facilmente con
l'ingrandimento di parti dell'inquadratura. |
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Verifichiamo la qualità dello schermo
Ormai tutti gli schermi in commercio funzionano secondo
la tecnologia dei cristalli liquidi con retroilluminazione
a LED. Ma non tutti sono adatti all'uso fotografico
perché, con i tipi meno recenti, cambiando l'angolo di
osservazione, la resa del
colore e della luminosità si alterano in misura anche notevole. La
generazione più recente, contraddistinta dalla tecnologia
IPS risolve in buona
parte il problema (IPS sta per In-Plane
Switching – per saperne di più si può leggere questo articolo) .
Con la foto qui a sinistra si può compiere una
prima verifica per capire se uno schermo è adatto all'uso
fotografico. Basta fare clic sul link qui sotto che più si avvicina
alla risoluzione del nostro monitor. Si apre
un'altra pagina, che va ingrandita a pieno schermo
(F11 per i sistemi Windows, Control+Command+F su Apple).
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Ora basta osservare se le nove copie della
foto appaiono della stessa luminosità, o se
presentano differenze sensibili ( anche spostando un
po' la testa per cambiare l'angolo di visione.
Qui a sinistra si vede la fotografia di un monitor da
buttare via (almeno per uso fotografico). Si nota a
prima vista che la
luminosità diminuisce da sinistra a destra e
dall'alto in basso; anche il colore della colonna di
sinistra è diverso dal resto. Non
c'è niente da fare: bisogna cambiare monitor.
Se invece la prova è superata, e la resa è abbastanza uniforme, si
può passare alla calibrazione del monitor, descritta passo
per passo nella seconda parte
di questa lezione
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