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Si può cercare online o sulle bancarelle
questo importante manuale del fotografo tedesco Harald Mante,
pubblicato nel 1971, Bildaufbau: Gestaltung in der
Fotographie (qui nell'edizione in francese). In italiano
si può tradurre come "Struttura dell'immagine: la forma
della fotografia". La descrizione più efficace di quella
che viene di solito definita come la composizione dell'immagine
fotografica. |
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La composizione come organizzazione di forme
visive - 1 |
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Indice
delle lezioni |
«Segui la
regola dei terzi e diventerai un grande fotografo».
Questo è il consiglio, anzi l'imperativo di buona parte dei
manuali e dei corsi, che di solito si
concludono con un capitolo o una lezione sulla
"composizione della fotografia".
Ma che cosa dice la "regola dei terzi"? Dice che si
devono immaginare sulla foto due righe orizzontali e due verticali,
che dividono l'inquadrartura in nove rettangoli uguali, e che si
deve collocare
il soggetto in corrispondenza di uno dei quattro incroci.E' una stupidaggine. Non perché sia sbagliato
in sé il
principio (uno dei tanti possibili) della suddivisione
"per terzi" dello spazio visivo, ma perché
un'immagine è fatta di una serie di elementi, in
relazione l'uno con l'altro, che concorrono tutti insieme
a disegnare la struttura della comunicazione
visuale.
Per dirla con Henri Cartier-Bresson, Fotografare vuol dire riconoscere
contemporaneamente e in una frazione di secondo tanto un fatto quanto la rigorosa organizzazione delle forme
percepite dall´occhio che esprimono e danno significato a quel fatto.
Con una precisazione: per forma intendo l’interazione tra le superfici,
le linee e i valori.
Le forme di HCB compongono la struttura
dell'immagine e determinano lo spazio dell'inquadratura.
E' l'esatto contrario della "regola dei terzi",
secondo la quale è lo spazio che deve suggerire la
posizione delle forme.
Gli elementi che costituiscono la struttura
dell'immagine possono essere i più diversi: da un
semplice contrasto di colori o di tonalità a un equilibrio
(o a un ben calcolato squilibrio) di masse; la
presenza di linee di forza che diano l'idea del
movimento nell'immagine fissa; linee (visibili o virtuali) che guidano l'attenzione verso un
punto dell'inquadratura; elementi a fuoco che
accentuano la loro importanza tra altri fuori fuoco. E via
elencando, come si vede in questa pagina. E nella seconda,
con le fotografie di Andrea Monti.
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Images à la Sauvette
(nell'edizione in inglese The decisive Moment),
pubblicato nel 1952, è un testo essenziale non solo
per capire la fotografia di Henri Cartier-Bresson e
della sua epoca.
Nelle pagine introduttive HCB offre una visione del
fotografare e della fotografia, – dalla street
photography al reportage – che a settant'anni
di distanza è ancora attuale. |
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Se l'immagine è troppo piccola, se ne
può riconoscere la struttura, se è evidente come in questo
esempio. Ma l'occhio non riesce a distinguere le relazioni tra
i diversi elementi, perché gli manca lo spazio per
"muoversi" e analizzare ogni elemento della
costruzione dell'inquadratura (oltre a non percepire i
dettagli).
Vedi anche Come guardare le fotografie nell'era del
telefonino. |
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Che cosa vedono i nostri occhi?
La materia di questa lezione si fonda
su presupposti molto diversi, che interessano la
fisiologia e la psicologia della visione, oltre a fattori
culturali.
Partiamo dal fatto che, quando fissiamo un punto davanti a
noi, in realtà gli occhi percepiscono sempre un campo
orizzontale di quasi 180°, grazie alla visione
binoculare. Muovendo gli occhi il campo si allarga, fino a
raggiungere anche i 200°. In verticale l'angolo è più
limitato, sia per la struttura del viso, sia perché gli
occhi sono uno vicino all'altro e non uno sopra l'altro.
Infatti il cinema e la televisione presentano sempre un
campo orizzontale più o meno esteso in confronto alla
dimensione verticale.
Ma dell'intero campo orizzontale solo
la parte centrale è abbastanza nitida. Sono circa 50-60°
(più o meno il campo inquadrato da un obiettivo di 35mm
di focale sul formato 24x36mm),
il resto è confuso, sfocato, a causa della struttura
della retina (il "sensore" dell'occhio), che
solo nell'area centrale presenta recettori ("pixel") abbastanza piccoli.
All'interno di questi 50°, solo una piccola parte (tra
2° e 5°) consente la visione più nitida, con una
risoluzione di una decina di linee per millimetro: molto
meno di qualsiasi pellicola o sensore digitale.
All'interno del campo nitido (in rosa nello schema qui a destra),
la vista "riconosce" strutture regolari, forme
definite, linee di tensione anche "virtuali",
come quelle create dalla direzione di uno sguardo. Percepisce i
contrasti cromatici e distingue gli elementi a fuoco (che attirano
l'attenzione) da quelli sfuocati. Naturalmente se l'immagine è
abbastanza grande, come quella che si può vedere su uno schermo di
almeno una dozzina di pollici in diagonale.
Sono questi i principali elementi che determinano la struttura
dell'immagine e che il buon fotografo percepisce d'istinto, in un
attimo, nel momento in cui compone l'inquadratura. Vediamo qualche
esempio.
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Questo schema rappresenta il nostro
campo visivo. Nella zona esterna, in sostanza, vediamo
"con la coda dell'occhio" e senza percepire le
distanze. Nell'area intermedia, in azzurro, c'è la visione
binoculare e quindi distinguiamo la profondità di una scena.
Ma solo nella zona centrale, in rosa, gli occhi hanno una
definizione sufficiente per riconoscere i dettagli. L'angolo
corrisponde, più o meno, a quello di un obiettivo da 35mm sul
formato 24x36.
Solo nel cerchietto più interno la risoluzione è abbastanza
alta da consentire di distinguere caratteri stampati come
questi, alla normale distanza di lettura (35-40 centimetri).
(Immagine da Wikipedia) |
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Ecco un modello, tra infiniti possibili, di struttura
dell'immagine. In questa fotografia sono evidenti le linee di forza
che partono dal primo piano e "spingono" l'attenzione verso la
costruzione centrale.
Il contrasto tra la massa scura della base del
faro e la luce della lanterna cattura lo sguardo e costituisce il centro
di gravità dell'inquadratura.
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Un'immagine dinamica, giocata
sulla struttura composta da una linea virtuale
inclinata che collega i volti dei musicisti, alla quale si
contrappongono le linee reali parallele degli
strumenti.
(Foto scattata a un concerto della Swing Valley Band.
Da sinistra, Ferdy Coppola, il leader Giorgio Cùscito e Mario
Caporilli) |
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Le inquadrature simmetriche, ben equilibrate, in
genere danno un senso di immobilità. Proprio quello che vuole
esprimere questa fotografia, dal tono desolato anche per la scelta
della luce piatta: la presenza del Sole e il relativo gioco di ombre
avrebbero dato vivacità a un'immagine che vuole dare l'impressione di
una non-vita. |
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Qui a sinistra la stessa fotografia che
abbiamo già visto in un dimensione troppo ridotta per
consentire la "lettura" dei dettagli. La
composizione si regge sul contrasto tra luci e ombre, ma
sopratutto sulla disposizione delle aree più colorate, che il
caso ha voluto bilanciare in una disposizione "da
manuale": l'area gialla (più luminosa e quindi
potenzialmente invasiva) è piccola e situata al margine; la
più grande è più scura, quella di dimensioni intermedie
presenta, appunto, una luminosità intermedia e si trova
vicina al centro. Lo sfondo nero dà risalto al tutto e crea
un'immagine molto "mossa" nella sua staticità. Con una struttura più semplice, anche l'inquadratura qui
sopra riesce ad essere fissa e dinamica nello stesso tempo:
alla scansione degli spazi corrisponde una progressione di
luce da sinistra a destra, che mette in risalto gli elementi in primo piano. |
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Anche questa composizione è
giocata tutta sui colori. E su un colpo di fortuna: stavo studiando
un'altra inquadratura, quando sono comparsi i due
corridori da spiaggia, bianchi e rossi come il palo. Li ho
seguiti nel mirino, con un movimento panoramico, fino a quanto
ho "visto" l'istante decisivo. Che non è
legato all'azione, ma all'intuizione della giusta distanza fra
le forme delle figure umane e del palo.
Un ritaglio ha eliminato alcuni elementi estranei e ne è
risultata questa immagine perfettamente equilibrata.
Tanto equilibrata da rispettare, per motivi del tutto casuali,
la famosa "regola dei terzi", come si vede qui
sotto.
Ma quando ho premuto il bottone non pensavo certo alla
"regola". E' una lettura a posteriori utile
per capire la struttura dell'immagine, non il principio sul
quale è stata costruita.
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Un esempio
significativo. La fotografia qui sopra non è particolarmente
riuscita: la massa più scura sulla sinistra ha origine da un incrocio di linee
diagonali e potrebbe trarne slancio. Ma non riesce a
determinare un centro di gravità che attiri l'attenzione. La
struttura di volumi nella parte bassa dell'inquadratura non si
impone all'occhio dell'osservatore, perché la zona superiore, priva
di forme identificabili, occupa una parte troppo grande.
In sostanza è un'immagine "mezza vuota", che può acquistare un
maggiore impatto visivo tagliando una parte della zona superiore. |
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E questo è l'effetto del taglio: l'immagine è
più equilibrata. In parte per il passaggio tra il rapporto dei lati
di 4:3 al 3:2, che meglio si avvicina al il campo visivo degli
occhi, ma soprattutto per i maggiore "peso" del soggetto,
che ora occupa una parte rilevante dell'inquadratura. E l'elemento
più scuro ora determina con piena evidenza il centro di gravità
dell'immagine.
Il taglio delle inquadrature in funzione della struttura visiva è
un capitolo a parte, che affronteremo in una prossima lezione.
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