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Quando la composizione è il fattore
determinante di una fotografia, se ne coglie la sostanza anche
in una riproduzione di piccole dimensioni, con dettagli
invisibili. In questa foto di Tokyo sembra di cogliere anche i
particolari che l'occhio non vede. |
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La composizione come organizzazione di forme
visive - 2 |
Fotografie di Andrea Monti |
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Indice
delle lezioni |
Ritorniamo a Cartier-Bresson e alle idee che esprime
nell'introduzione a Images à la Souvette (vedi la pagina precedente): la
fotografia è la rigorosa organizzazione di forme
colte dallo sguardo nell'attimo decisivo. E ancora,
«fotografia implica riconoscere un ritmo nel mondo
delle cose reali». Andrea Monti come Cartier-Bresson? Sì
e no. Sì, perché le sue fotografie, come quelle di altri
autori contemporanei, conservano i canoni immutabili della
fotografia: l'organizzazione delle forme e dei ritmi e la
scelta dell'attimo decisivo.
No, perché non si può
paragonare la fotografia di oggi a quella del XX secolo.
Altra è la tecnica, che consente di scattare immagini un
tempo impossibili e di "svilupparle" con
variazioni illimitate. Altro è – soprattutto – il mondo
reale, altri sono i suoi ritmi, nuovo è il contesto visivo.
Un contesto caratterizzato da un'invasione incontrollabile
di immagini (dal Web, dalla televisione, dalla strada come
dai giornali), oltre che dalle orde selvagge di stupidi
utilizzatori di telefonini "intelligenti", che registrano
miliardi di figurine che ben poco hanno a che fare con la
fotografia.
Oggi al fotografo spetta il difficile compito di
"distillare" dal caos visuale immagini
significative, non casuali, non banali, che aiutino a capire
il mondo. Immagini da consegnare alla memoria. Memoria tanto
più importante quanto più in fretta cambia il mondo
fotografato. Che è diverso un attimo dopo che il fotografo
ha premuto il bottone.
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Pochi, essenziali elementi
geometrici sottolineati dall'elaborazione in bianco
e nero. Fotografie come questa sono temi di
"composizione pura" che riesce a svolgere
solo l'occhio allenato di un buon fotografo. |
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Nell'era del colore, spesso esagerato da magheggi digitali,
l'elaborazione in bianco e nero in molti casi è un vezzo,
un'esibizione senza motivo.
Solo in alcuni casi, come in questa e nelle fotografie che seguono,
il bianco e nero è la sottrazione di elementi non necessari
per cogliere il significato dell'immagine.
In questa foto e in quella qui sotto, scattata nella stazione di
Bologna, manca addirittura un centro di attenzione, un soggetto
definito. Il soggetto è la composizione stessa.
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Spesso le foto migliori
sono il risultato di una forma di squilibrio. Qui non c'è solo la
struttura diagonale che dà slancio all'inquadratura, ma anche il
contrasto tra l'area scura in basso e le forme illuminate in alto.
In ultima analisi, è una fotografia disegnata dalla luce, con in
più la scelta felice dell'attimo decisivo. |
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L'attimo decisivo può essere anche quello di una scena
statica, di un soggetto fermo. E' l'attimo in cui il
fotografo, che muove la camera e guarda attraverso il mirino
alla ricerca dell'inquadatura, "riconosce"
l'organizzazione delle forme e il ritmo degli elementi
dell'immagine. E preme il bottone.
La composizione di questa immagine è formata da tre
elementi: il primo è lo strano cancello rosso illuminato; il
secondo è la fuga delle strisce sull'asfalto bagnato che,
nella prospettiva, avvicinano l'osservatore al cancello; il
terzo (che è anche il senso della fotografia) è il contrasto
tra il rosso vivo dell'elemento centrale e il contesto, scuro e triste.
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A sinistra, un particolare di un edificio diventa pura
astrazione grafica, tanto da suggerire il bianco e nero. Ma
l'equilibro dei colori accompagna bene il gioco delle masse.
Il formato verticale è suggerito dall'oggetto ripreso:
è un ritaglio
della realtà che non ha un riferimento al nostro campo
visivo. Funziona solo se il soggetto lo impone e solo
con immagini fisse (avete mai visto un film verticale, a parte
gli osceni filmati dei telefonini?).
Sopra, un gioco di prospettiva che invita
lo sguardo a "zoomare" sulla figura centrale, che
per di più ha i colori giusti per imporsi sulla scena (rivedi,
più in alto, la foto del cancello rosso). Il ritaglio
quadrato è imposto anche dalla struttura della composizione. |
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Le riprese con gli obiettivi supergrandangolari
o fisheye hanno spesso qualcosa di inquietante, perché
mostrano nitido l'intero campo visivo, che invece nella visione
naturale è progressivamente "sfuocato", a mano a mano che l'attenzione si
allontana dall'area centrale, coperta dalla visione binoculare.
Se poi la ripresa è verticale, come la foto qui a sinistra,
l'effetto è ancora più "strano". E' come guardare il
mondo stando sdraiati su un fianco, ma senza il lavoro della
mente che "raddrizza" ciò che l'occhio vede girato di
90°.
Se c'è un soggetto vicino, appare deformato (ma, otticamente, non
lo è), sia che si trovi al
centro sia che occupi una posizione laterale. In sostanza, dal punto di vista
ottico è una riproduzione corretta, ma nello spazio limitato di una
fotografia appare deforme, perché nel campo ristretto della visione
binoculare le proporzioni appaiono diverse da quelle percepite
naturalmente nel campo visivo totale.Queste tre fotografie sfruttano la magia del
supergrandangolare per
"descrivere" quello che i nostri occhi intuiscono
confusamente, ma non riescono a mettere a fuoco. Mentre evitano la
stranezza dei particolari in primo piano, deformati dall'esagerazione della
prospettiva (caratteristica soprattutto dei fisheye).
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Le linee diagonali
danno sempre un senso di movimento. Nella foto qui a sinistra la
figura dell'atleta segue perfettamente la diagonale
dell'inquadratura in uno spazio delimitato da campi visivamente
paralleli. Lo stacco nell'angolo superiore sinistro è un punto
fisso verso il quale converge la tensione di tutta l'immagine.
La foto sotto a sinistra è diversa. Anche qui c'è una tensione
diagonale data dall'allineamento delle figure, ma queste occupano
buona parte dell'inquadratura invece che essere isolate nello
spazio.
Sotto a destra vediamo di nuovo una figura isolata, sempre in
diagonale, ma l'elemento giallo è un perno visivo intorno al quale
ruota tutta la composizione
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