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Visto che i libri “disponibili in elettronica”
esistono da quarant’anni, è strano dover parlare di
“malattie infantili”. Ma è proprio questa la bizzarra
situazione in cui si trova la molto chiacchierata, e
sempre più confusa, situazione dei cosiddetti
“e-book”.
Conosco editori (compresi quelli dei miei libri) che hanno
deciso di non entrare (almeno per ora) nella sconcertante
sarabanda che si sta gonfiando da due o tre anni. Forse
sbagliano, perché fare qualche esperimento potrebbe
essere utile. Ma hanno ragione quando pensano che la cosa
è troppo complicata, che per ogni “piattaforma”
occorre una tecnologia e un’impaginazione diversa, che
fra tanti contendenti è impossibile capire chi avrà
migliori possibilità e saprà dare un miglior servizio
– eccetera.
Alcuni dei miei libri, con
l’intelligente consenso e collaborazione degli editori,
sono disponibili anche online. Ma pare che le migliaia di
testi, antichi o recenti, reperibili in rete non siano
leggibili con i “nuovi” marchingegni (se non sono
rielaborati per poter essere usati con qualcuno di quei
sistemi).
Non ho sperimentato (e, almeno per ora, non ho alcuna
intenzione di farlo) i dispositivi che (dicono) offrono
una migliore qualità di lettura di quella che si ha sullo
schermo di qualsiasi computer. Immagino che ci sia
qualcosa di vero. Ma rimane più comodo, pratico e
gradevole un libro stampato.
I “nuovi e-book” si collocano in uno strano,
confusamente esplorato territorio a metà strada fra
l’imitazione della carta e quella che potrebbe essere
una “ragionevole” risorsa elettronica. Quando si
arriverà a una soluzione sensata diventeranno curiosità
per collezionisti di aggeggi antichi, come i fonografi a
cilindro o le macchine a vapore.
Qual è il problema? Quello che ha afflitto, e
purtroppo continua a distorcere, molte cosiddette
“innovazioni” (in particolare nell’elettronica). La
moltiplicazione di proposte “proprietarie”
incompatibili fra loro, vendute a prezzi assurdamente
alti, che arricchiscono mostruosamente i loro produttori
mentre provocano un assurdo arretramento della qualità
del servizio offerto ai lettori.
Intanto si ridimensionano le profezie. Dopo decenni di
malauguranti vaticini sulla “morte della carta
stampata”, oggi si pensa che l’editoria elettronica
possa arrivare a “un dieci per cento in dieci anni”.
Numeri grandi, ma molto lontani dall’essere una
“sostituzione”. L’unica cosa certa è che sono
chiacchiere – e ciò che succederà sarà diverso da
come oggi si può immaginare.
E intanto si comincia (con incredibile ritardo) a
diffondere la constatazione di un problema. Mentre i libri
trascritti in elettronica venti o quaranta anni fa, in
semplice testo, rimangono leggibili (e così quelli
realizzati in software sostanziamente stabili, come PDF)
con le cosiddette “nuove tecnologie” c’è una forte
probabilità di produrre cose che fra non molti anni
saranno inutilizzabili (come è già accaduto con alcune
risorse tecniche incautamente abbandonate – o con
assurdi “aggiornamenti” che rendono indecifrabili
testi impaginati qualche anno prima).
Soprattutto, i libri stampati cinquecento anni fa sono
ancora (se decentemente conservati o ben restaurati) in
buone condizioni – mentre i neonati elettronici
rischiano di non sopravvivere a una breve e tormentata
infanzia. Fino al giorno in cui si troverà un modo per
rendere meno deperibili gli enormi, ma labili, repertori
delle memorie magnetiche o ottiche, le sole risorse
affidabili sono le biblioteche.
Si godano i loro soldi, i rapaci pasticcioni delle mode
attuali. Ma fra non so quanti anni (probabilmente non
molti) i loro “nuovi” prodotti saranno dinosauri
estinti. Non sappiamo ancora se sarà davvero realizzato
il “computer
da 25 euro” (o forse 8) che si sta progettando in
India. Ma se dovessi scommettere sulle caratteristiche che
avrà in futuro “un coso per leggere libri” punterei
più volentieri su un dispositivo come quello che sui
discutibili aggeggi oggi all’onore delle cronache.
Immaginiamo che in qualsiasi momento, dall’invenzione
della scrittura ai nostri giorni, per leggere un libro ci
volesse un particolare decifratore, venduto a caro prezzo
e diverso per ciascun genere di edizione. Assurdo?
Ovviamente. Ma è proprio questo che stanno cercando di
imporci in questa balorda fase di sviluppo degli
“e-book”.
(Cose del genere sono sempre successe,
e continuano, con una grande varietà di metodi, quando si
tratta di “messaggi segreti”. Ma quello era, ed è,
spionaggio o clandestinità. Non editoria).
Quale sarebbe un esito desiderabile? Una “pacifica
convivenza”, o meglio una fertile collaborazione, fra il
libro stampato e quello (per chi lo vuole) da leggere su
uno schermo. E un’editoria concentrata sulla qualità
dei testi, della redazione, dell’impaginazione, della
leggibilità, della “veste” editoriale – tutte cose
importanti, qualunque sia la natura del “supporto”.
Servono autori, non compilatori di frettolosi (sperati)
“bestseller” o libercoli “occasionali”. Editori,
non librifici disattenti, opportunistici e distratti.
Librai, non disordinati e incompetenti supermercati del
qualunque. Scuole che sappiano coltivare la voglia di
leggere e di imparare, l’avventura della curiosità, non
annoiare con pedanti nozionismi. Insomma cultura – non
nelle esoteriche congreghe di arroganti
“intellettuali”, né nella squallida banalizzazione
“di massa”, ma nell’umana e condivisa esperienza del
conoscere. Come la libertà, anche la cultura “è
partecipazione”.
Già vediamo, per fortuna, sintomi di riscossa –
nell’editoria stampata. Editori, tipografi e librai che
puntano su una ancora (relativamente) piccola, ma
vigorosa, “controtendenza”. Con edizioni talvolta così
raffinate (e perciò costose) da interessare solo a pochi
appassionati bibliofili. Ma anche libri di seria e
rispettabile qualità offerti a prezzi ragionevoli.
Abbiamo cinquecento anni di esperienza, in editoria e
bibliografia, dai tempi di Aldo Manuzio ai nostri giorni.
Non si tratta di reinventare un mestiere, ma di applicare
anche alle risorse tecniche di oggi conoscenze già bene
approfondite.
Non è – e non è mai stato – facile. Richiede
competenza, studio, pazienza, impegno, dedizione.
Soprattutto ci vuole passione. Che siano di coccio o di
pietra, intonaco o tela, papiro o pergamena, seta o
corteccia, carta o software... amare
i libri è un’esperienza affascinante. Per chi li
legge, come per chi li fa.
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