Un compatto silenzio circonda da anni una vicenda
cruciale per il sistema dell'informazione in Italia:
quella di Europa 7 "la televisione che non
c'è". Una rete nazionale che dal 1999 ha diritto
di trasmettere, ma non ha le frequenze...
Le norme italiane che consentono a Rete 4 di
trasmettere sulle frequenze analogiche, mentre lo
impediscono a Europa 7, sono in contrasto con
il diritto comunitario. Questa la sintesi della sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea il 31
gennaio scorso. Poteva essere una notizia-bomba, ma ha
fatto pochissimo rumore. Quasi non si è sentita,
perché la questione è imbarazzante, soprattutto in
campagna elettorale. La Corte, in sostanza, riconosce
alla rete televisiva Europa 7 il diritto di trasmettere sulle
frequenze analogiche terrestri che ha ottenuto (nel
1999!) con una regolare concessione attraverso un gara
pubblica. Ma l'assegnazione delle frequenze a Europa
7 comporta l'abbandono delle stesse da parte Rete
4, che dovrebbe trasmettere solo in digitale,
terrestre e satellitare. Infatti l'emittente del
gruppo Mediaset la gara del '99 non l'ha vinta e
occupa le frequenze grazie a una lunga serie di
proroghe, che i giudici di Lussemburgo hanno
dichiarato incompatibili con le direttive europee.
E' una storia lunga, con
origini lontane. La ricostruiamo in questa pagina per sommi
capi, con la citazione delle disposizioni legislative
e delle sentenze che si sono succedute fino a oggi.
Altre notizie e molti documenti sono sul sito
dell'emittente.
In estrema sintesi: nel luglio del 1999 Europa 7 ha
vinto una regolare gara per la concessione delle
frequenze televisive necessarie per la trasmissione in
ambito nazionale. Ma non è mai riuscita ad averle:
con una lunga serie di proroghe, e nonostante diverse
sentenze della Corte costituzionale, Rete 4 ha
continuato ad occuparle, pur non avendo vinto la gara.
L'ultimo (per ora) atto di una serie di ricorsi
alla giustizia amministrativa è la sentenza del 31 gennaio 2008
della Corte di giustizia europea.
La sentenza
deve essere letta con attenzione: essa non dispone che
Europa 7 ha diritto di trasmettere sulle frequenze
analogiche terrestri in ambito nazionale e che Rete 4
deve liberare le stesse frequenze e
"trasferirsi" sul satellite, come qualcuno
ha scritto. Queste conseguenze derivano dalla legge
italiana e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 466 del
2002. La sentenza europea è una "pronuncia
pregiudiziale" richiesta dal nostro Consiglio di
Stato, che chiede se la normativa italiana, in
particolare la legge Gasparri, sia in contrasto con le
direttive comunitarie. "E' in contrasto", risponde la
Corte.
Dunque un motivo in più per le ragioni di Europa
7. Ora il Consiglio di Stato dovrà emettere la sua
decisione, tenendo conto anche delle indicazioni
comunitarie.
Le possibili conseguenze sono riassunte in una
domanda: "Con questa sentenza europea, siamo arrivati alla
fine del duopolio televisivo in Italia?". La
domanda provocatoria è stata posta da Giovanni Valentini
(su Repubblica del 1.
febbraio) a Francesco Di Stefano, proprietario
della "televisione che non c'è".
Al di là delle provocazioni, la risposta è complessa. Non c'è dubbio che prima
o poi il sistema attuale dovrà cedere il passo a un
assetto più equilibrato. Ma è difficile immaginare
che, con il quadro politico attuale e chiunque vinca
le prossime elezioni, gli impianti di Rete 4
vengano chiusi manu militari come quelli di Canale
5 nel 1984 (vedi ancora La lunga storia di Europa 7).
C'è un altro dato da considerare. Con il passare
del tempo la televisione digitale ha fatto molti passi
avanti. I decoder per il digitale terrestre sono
tanti: una ricerca della GFK Marketing Services Italia ha
contato 6.697.516 ricevitori venduti da marzo 2004 a
novembre 2007; gli abbonati di Sky erano 4.430.000 in
dicembre; a questi si deve aggiungere un numero
sconosciuto, ma certo non irrilevante, di ricevitori
satellitari senza abbonamento alla TV di Murdoch.
Dunque non siamo lontani (forse ci siamo già)
dalla soglia fissata proprio dalla legge Gasparri,
per vedere Rete 4 solo dal satellite o dal
digitale terrestre, con la conseguente liberazione
delle frequenze a favore dell'emittente che non può
emettere.
In realtà il problema non è questo: con il digitale
terrestre, e la conseguente moltiplicazione dei canali
disponibili, verranno meno tutte le limitazioni
imposte nell'era dell'analogico. Fine del
"problema Europa7"?
Non del tutto, perché la Gasparri, nel tracciare le
linee dello sviluppo del digitale terrestre, favorisce
gli operatori già attivi. Per questo è oggetto anche
di una Procedura di infrazione da parte
dell'Unione europea.
La storia continua, nel silenzio quasi generale.
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