La storia di Europa 7 parte da lontano. Le
radici della vicenda risalgono agli anni '70 con la
nascita delle TV private (allora chiamate
"libere"), dopo due sentenze della Corte
costituzionale emesse nel 1974. Queste sentenze (n. 225 e n. 226)
circoscrivono i limiti del monopolio pubblico e
pongono le premesse per il sistema televisivo
privato. La legittimità delle trasmissioni "di
portata non eccedente l'ambito locale" è sancita
dalla sentenza n. 202 del
1976.
Nella prima metà degli anni '80, come tutti sanno,
si forma l'impero televisivo di Berlusconi, attraverso
la creazione e l'acquisizione di emittenti televisive
locali. Berlusconi crea un network nazionale,
approfittando del vuoto normativo che segue le
sentenze della Corte costituzionale e aggirando la
normativa in vigore. Intervengono alcuni pretori che
fanno disattivare gli impianti: siamo nel 1984. Il
nascente impero rischia di crollare, ma interviene
l'allora Presidente del consiglio, Craxi, che emana un
primo e poi un secondo decreto-legge, convertito dal
Parlamento dopo aspre polemiche (legge 10/85).
Il "decreto Berlusconi" stabilisce:
"Sino allapprovazione della legge generale sul sistema
radiotelevisivo e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, è consentita la prosecuzione dellattività delle singole emittenti
radiotelevisive private con gli impianti di radiodiffusione già in funzione alla data del
1° ottobre 1984, fermo restando il divieto di determinare situazioni di incompatibilità
con i pubblici servizi".
E' la prima proroga dello stato di fatto determinato
dal vuoto legislativo. La prima di una lunghissima
serie, che dura ancora oggi con la "legge
Gasparri".
Gli anni passano nell'inerzia del legislatore e il sistema
privato si consolida disordinatamente. Nel 1990 la legge
n. 223 (Mammì) non mette ordine: fotografa e
legittima il disordine, proroga ancora lo status
quo.
Niente di nuovo, o quasi, con la successiva normativa
"di sistema", la legge n. 249 del
1997 (Maccanico), che proroga ancora la situazione di
fatto in attesa del riordino delle frequenze.
Nel 1999 il punto cruciale: in applicazione del
dettato della legge 249, vengono messe all'asta le
frequenze. Si presenta, a sorpresa, il signor
Francesco Di Stefano da Avezzano: è il proprietario
dell'emittente Europa 7. Ha le carte in regola,
ottiene due concessioni. Ma non può trasmettere,
perché le frequenze alle quali ha diritto sono
occupate da Rete 4, che non vince la gara.
Francesco Di Stefano mette mano alle carte bollate e inizia una vicenda
giudiziaria il cui ultimo atto (per adesso) è appunto
la sentenza del 31 gennaio 2008 della Corte di
giustizia UE. Ma nel frattempo sono arrivate altre
proroghe e una nuova sentenza della Corte
costituzionale, la n. 466 del
2002. Che ha stabilito l'obbligo per Rete 4 di
passare sul satellite dal gennaio 2004. Ma nel 2003,
alla faccia della Corte, altra proroga con il decreto-legge
n. 352.
Intanto è arrivata anche la legge
n. 112 del 2004 (Gasparri), con complicate regole per un nuovo assetto in vista della televisione
digitale terrestre e la prosecuzione, ancora una volta,
dello status
quo.
Ecco come raccontavano la vicenda Dario Fo e Franca
Rame mentre la legge Gasparri era in discussione al
Parlamento. Il testo è tratto da "Il signore che
rubò una televisione, anzi due", riprodotto in
decine di siti (l'originale non sembra più
reperibile):
Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di
televisioni locali che trasmettevano non
contemporaneamente gli stessi programmi.
Era una furbata che permetteva di violare la legge,
visto che allora era vietato a soggetti privati di
possedere televisioni nazionali.
Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa
un decreto legge apposta.
E fin qui, lo sapevamo già...
Così Berlusconi ha finalmente tre televisioni
nazionali vere. Ma molti storcono il naso perché,
essendo possibili solo 11 reti nazionali, è un po'
anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre. Non
siamo nel Far West che il primo che arriva si prende
tutto...
Nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420
stabiliva, in difesa del pluralismo, che un unico
soggetto privato non potesse detenere tre reti
nazionali, concedendo un periodo di transizione e
rimettendo il problema al legislatore per una
soluzione definitiva entro e non oltre l'agosto 1996.
Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la
decisione della Corte Costituzionale e Berlusconi
continua ad avere tre Tv.
Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto
non potesse detenere più di due reti e che, finché
non ci fosse stato un "congruo sviluppo" via
satellite e cavo, Rete4 avrebbe potuto continuare a
trasmettere via etere, quest'ultima decisione in
palese contrasto con le decisioni della Corte
Costituzionale che aveva deciso per un termine
definitivo entro l'agosto 1996.
D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide
di risolvere la questione e indice una gara per
l'assegnazione delle concessioni delle reti nazionali.
La commissione nominata dal Ministero è presieduta da
un avvocato di Mediaset. Berlusconi si aspetta che
finalmente possa detenere legittimamente, con un
regolare mandato dello Stato, le sue tre reti e
relative frequenze. Nel luglio 1999 si svolge questa
gara d'appalto, per partecipare si richiedono
requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno
riuscirà a scombinare i giochi.
Invece, colpo di scena.
Arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di
documenti e dice: "Buon giorno sono Francesco Di
Stefano di Europa 7, vorrei due reti nazionali,
grazie."
Panico! E chi è questo? E' pazzo?
No, non è pazzo, è il loro peggior incubo.
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote:
"Le manca il certificato 3457!"
"No è qui!"
"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"
"Ne ho due copie, bastano?"
Ma poi trovano la furbata: "Il bando di gara
richiede di avere 12 miliardi di capitale versato per
rete, lei ne ha solo 12, può chiedere una sola
Tv."
"Balle!" risponde il signor Di Stefano,
"dodici miliardi sono per concorrere, non per
ognuna delle due frequenze".
Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare una concessione per
una rete nazionale e
presto anche una seconda, perché ne ha diritto e a
Berlusconi ne tolgono una, non che la debba chiudere,
deve traslocarla sul satellite che comunque è
ricevuto da 18 milioni di italiani.
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio
niente.
Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo
allenavano ad abbattere i muri con la cerbottana perché
avvia una serie di procedimenti giudiziari spaventosa.
Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali,
Commissione Europea. E vince tutti i ricorsi, tutti
gli appelli, tutte le perizie.
E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel
novembre 2002, sentenza numero 466-2002, stabilisce
inequivocabilmente che:
- Retequattro, dal 1 gennaio 2004 dovrà emigrare sul
satellite
- Le frequenze resesi disponibili dovranno essere
assegnate a Di Stefano!
L'avete sentito dire al telegiornale?
Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in
questa storia e ci ha risposto con un lieve sorriso:
"Nonostante siano trascorsi ben nove anni dalla
decisione della Corte Costituzionale, Mediaset
continua a detenere e utilizzare appieno tre reti
nazionali su un totale di sette concessioni assegnate
sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai). Il
fatto che un soggetto, a cui è stata data una
concessione (in concessione si dà un bene pubblico,
in questo caso le frequenze), non riceva poi
materialmente il bene è un avvenimento che non ha
precedenti al mondo".
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta
di due concessioni, una (Europa 7) l'ha ottenuta, per
l'altra (7 Plus) c'è stato un diniego, in quanto non
ritenuta idonea per la mancanza del requisito del
capitale sociale. Una sentenza del Consiglio di Stato
ha riconosciuto esistente il requisito del capitale
sociale, per cui siamo in attesa di una seconda
concessione, anche se il ministro Gasparri prende
tempo.
Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le
trasmissioni, si e' dotata di:
una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi
di registrazione per le proprie eventuali produzioni,
di una library di oltre 3000 ore di programmi e di
tutto ciò che è necessario per una rete televisiva
nazionale con 700 dipendenti.
Questa preparazione è stata necessaria poiché la
legge stabilisce che, entro sei mesi dall'ottenimento
della concessione, la neo-emittente ha l'obbligo di
iniziare le trasmissioni.
Attualmente Centro Europa 7 è una società
praticamente ferma, non ha alcun introito, poiché non
è stata messa in condizione di operare, ma ha avuto,
e continua ad avere, pesanti oneri per la gestione
della struttura, l'adeguamento della library,
l'adeguamento tecnologico, le ingenti spese legali, i
costi dei dipendenti...
Ma ora altro colpo di scena...
Gasparri si sta muovendo per salvare Rete4.
Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1,
realizza in pratica un condono, riconoscendo il
diritto di trasmettere a "soggetti privi di
titolo" che occupano frequenze in virtù di
provvedimenti temporanei, discriminando così le
imprese come Europa 7 che hanno legittima concessione,
il tutto sempre al fine di salvaguardare Retequattro.
Infatti, quest'ultima potrà continuare a trasmettere,
in barba alla sentenza del '94 e del 2002 della Corte
Costituzionale e della legge 249/97, pur non avendo
ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre
Europa 7 non potrà mai trasmettere, dimenticando che
nel luglio 1999 c'è stata una regolare gara dello
Stato per assegnare le concessioni, gara persa da
Retequattro e vinta da Europa 7.
Si realizza quindi un ennesimo gravissimo
stravolgimento del diritto.
In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) può
continuare tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha
vinta (Europa 7), perde definitivamente tale
diritto. Non vi sembra straordinario?
Il lungo contenzioso non è finito. I ricorsi di
Europa 7 sono arrivati alla Corte di Giustizia
europea, che con la sentenza del 31 gennaio 2008 ha dato ancora una
volta ragione alla "televisione che non
c'è". Il seguito è ancora da scrivere: se ne
parla nell'articolo Europa7. La
fine del duopolio televisivo in Italia?
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