Qualcuno si chiederà: che c'entra Mussolini con la
televisione? Le date non tornano! Invece c'entra, perché
il capo del fascismo aveva capito subito le potenzialità
del nuovo mezzo e alla fine degli anni '20 aveva
incoraggiato la sperimentazione. Nel luglio del '39 era
stato annunciato l'inizio delle trasmissioni per la città
di Roma, ma lo scoppio della guerra aveva interrotto i
lavori. Intanto i primi ricevitori erano comparsi nelle
stanze di alcuni gerarchi, dello stesso Mussolini e
persino del papa.
La televisione nasceva in ambito statale, perché nel 1910
la prima legge sulla materia aveva riservato allo Stato l'installazione e
l'esercizio degli impianti radiotelegrafici e
radiotelefonici: la natura
pubblica delle trasmissioni era nel DNA del nuovo mezzo. E nel 1923 un regio decreto confermava
l'esclusiva. Proprio un secolo fa.
In cento anni molte cose sono cambiate. E i tempi
recenti registrano uno sviluppo straordinario dei mezzi di
comunicazione: televisione digitale terrestre e
satellitare, "piattaforme" social e di streaming,
per non parlare dei servizi "in mobilità"
destinati in primo luogo ai telefoni cellulari.
Ma qualcosa è rimasto: il controllo pubblico sul mezzo
ancora largamente più diffuso e influente, la
televisione. Controllo pubblico, nel sistema italiano,
significa controllo della maggioranza parlamentare, quindi
del Governo. "Liberare la Rai dai partiti"è un mantra
tanto ripetuto quanto privo di effetti.
Nel libro è ricostruito il lungo percorso che porta
dalla Rai "democristiana" degli anni '50 e '60 alla prima lottizzazione,
alla nascita delle emittenti private, all'invasione della
sfera politica da parte di Silvio Berlusconi,
l'imprenditore che controllerà quasi tutta la
televisione commerciale. E come capo del Governo, dal
1994, controllerà anche la televisione pubblica.
Dieci anni dopo, lo scenario italiano ha una definizione
"ufficiale" dalle istituzioni europee:
l'anomalia. Si legge nella Risoluzione del
Parlamento europeo del 22 aprile 2004:
«Il sistema italiano presenta un'anomalia dovuta a una combinazione unica di potere economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo, l'attuale presidente del consiglio dei ministri italiano, e al fatto che il governo italiano controlla, direttamente o indirettamente, tutti canali televisivi
nazionali».
E in questo 2023, il 2 agosto, la Commissione europea
dichiara, per bocca del commissarop Thierry Breton:
«La Commissione è consapevole dei rischi di interferenza politica che incidono sull'indipendenza dei media del servizio pubblico in Italia».
(Thierry Breton, Commissario UE, 2 agosto 2023).
Il resto è cronaca, raccontata quasi in diretta
nell'ultimo capitolo. Alla fine del quale si potrebbe
scrivere la stessa conclusione della prima edizione, nel
2009:
L'Italia è un repubblica fondata sulla televisione.
Il potere appartiene a chi possiede la televisione
e lo esercita come gli pare.
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