24 giugno 2023. Guerra in Ucraina. La milizia Wagner
marcia verso Mosca. Sembra l’inizio di colpo di stato.
«La Tv russa trasmette un documentario su Berlusconi
durante il tentativo di golpe della Wagner. Il canale di
Stato non dà informazioni sull’avanzata delle milizie
mercenarie di Prigozhin verso Mosca».
Un titolo a caso, da una prima ricerca con Google con le
parole «golpe» e «televisione».
Roma, luglio 1964. Rumore di sciabole. E' nell'aria un
colpo di stato. Ordito dal comandante generale dei
Carabinieri, come si apprenderà dopo. I primi compiti
degli uomini dell'Arma sono la "enucleazione" di
importanti personaggi politici e il controllo dei servizi
pubblici essenziali, incominciando dalla televisione. A
questo scopo gruppi di sottufficiali sono stati addestrati
all'uso degli impianti di trasmissione. Si chiama
"Piano Solo". Solo un piano, per fortuna.
Roma, notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970. Un altro
tentativo di colpo di stato è sul punto di scattare.
Sulla via Olimpica, a un passo dalla sede Rai di via
Teulada, è ferma una colonna di mezzi delle guardie
forestali. Sono pronte a occupare gli studi della
televisione, per annunciare agli italiani il nuovo ordine
dello Stato. Il "Golpe Borghese" sarà fermato
all'ultimo istante.
Roma, aeroporto di Fiumicino, 4 luglio 1981. Da un
doppio fondo della valigia di Maria Grazia Gelli, figlia
del "venerabile" capo della loggia massonica P2,
salta fuori un documento che contiene un progetto
eversivo. E' intitolato "Piano di rinascita
democratica". C’è anche una parte dedicata ai
media. Vi si legge che tra le diverse iniziative
necessarie per il successo del piano c'è quella di
"coordinare molte TV via cavo con l'agenzia per la
stampa locale" e "dissolvere la RAI-TV in nome
della libertà di antenna". "Altro punto chiave
– si legge ancora nel documento – è l'immediata
costituzione […] della TV via cavo da impiantare a
catena in modo da controllare la pubblica opinione media
nel vivo del Paese"
Pochi esempi – molti altri si possono trovare –
mostrano che un colpo di stato inizia con due operazioni
fondamentali: neutralizzazione degli esponenti del potere
in carica e la conquista della televisione. Questa serve
per comunicare alla popolazione che il potere è passato
di mano. Se la popolazione non lo sa, il golpe non c'è.
Il potere ha bisogno della televisione, perché essa
stessa è un potere. La tripartizione illuministica di
Montesquieu, che resta il fondamento dell'organizzazione
statuale di tutte le nazioni democratiche moderne,
contempla la separazione dei tre poteri: legislativo,
esecutivo e giudiziario. Oggi ci sono altri poteri, più o
meno visibili. Ma non è un caso che i principi della
democrazia parlamentare moderna e della libertà di stampa
si siano formati nello stesso luogo e nello stesso tempo,
l'Inghilterra tra il XVII e il XVIII secolo. Dove già nel
1700 si parlava di "quarto potere", in senso non
del tutto metaforico, a proposito della stampa.
Oggi c'è un "quinto potere", quello della
televisione. Non si sa chi abbia coniato questa
definizione, resa celebre dal film diretto nel 1976 da
Sidney Lumet (l'originale si intitolava
"Network"). La televisione è un potere perché
influisce sulla vita e sulle idee delle persone attraverso
diversi meccanismi. I suoi contenuti sono schematicamente
distinti in due grandi aree, quella dell'informazione e
quella dell'intrattenimento. Ciascuna è divisa in
sotto-aree di non sempre facile classificazione, come non
sempre è facile distinguere l'informazione
dall'intrattenimento. I generi e gli stili si mescolano:
spesso si chiama fiction la ricostruzione della
realtà, mentre i cosiddetti reality show appaiono
assai poco realistici, sospettabili di manipolazioni.
D'altra parte anche l'informazione, sia quando si propone
come news sia nella forma del cosiddetto
"approfondimento", molte volte tende a farsi
spettacolo. Il risultato è un flusso magmatico di
contenuti, che incide sulla vita quotidiana della maggior
parte delle persone. In diversa misura, ma quasi sempre
con un'influenza determinante sulla visione del mondo e
sulla formazione delle opinioni.
Un punto deve essere chiaro: non bastano un programma,
una trasmissione (o un "post" su una piattaforma
social) per influenzare l’opinione pubblica. È
il lento accumulo di informazioni che, un po’ alla
volta, sotto traccia, costruisce una visione della
società. Come si dice oggi, con un termine
insopportabile, una "narrazione". Che determina
le scelte dei cittadini.
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