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Professione giornalista

Nascosta tra le righe del decreto di riforma delle professioni

Pubblicisti, la trappola dell'assicurazione

Il decreto varato il 3 agosto mette in luce le contraddizioni dell'ordinamento dei giornalisti. L'obbligo dell'assicurazione potrebbe essere escluso solo per i dipendenti, non per i collaboratori. E i (giornalisti)tra parentesi?

06.09.12

I professionisti hanno l'obbligo di stipulare un'assicurazione per i danni che possono causare ai loro clienti. Lo stabilisce il DPR 7 agosto 2012, n. 137, "Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali".
Ora la domanda è: l'obbligo riguarda anche i giornalisti?

Nel decreto varato dal Governo lo scorso 3 agosto la professione giornalistica non è citata. Ci sono disposizioni generali che riguardano tutte le professioni e norme speciali per avvocati e notai. Nulla per i giornalisti. Una lacuna a prima vista incomprensibile, se si considera che questa professione presenta alcuni aspetti specifici che la rendono differente da tutte le altre.

Il più evidente di questi aspetti è che oggi buona parte dell'informazione è prodotta da persone non iscritte negli albi professionali, con buona pace dell'art. 45 della legge 69 del 1963, istitutiva dell'Ordine:

Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli artt. 348 e 498 del cod. pen., ove il fatto non costituisca un reato più grave.

La parola "giornalisti" non è presente neanche nella relazione illustrativa sul decreto. Forse si teme che a Bruxelles qualcuno apra gli occhi di fronte all'anomalia della situazione in Italia. O forse, più semplicemente, ci si vergogna di mantenere in vita buona parte delle regole dettate nel ventennio fascista (vedi Da Mussolini alla democrazia è cambiato qualcosa?).

Ma nel DPR diversi punti riguardano anche la nostra professione: formazione, tirocinio, procedimenti disciplinari (vedi "RIFORMA" DELLE PROFESSIONI: il DPR e i giornalisti sul sito dell'OdG). Nessuno di questi incide sostanzialmente sulla struttura dell'Ordine. C'è però un articolo che merita un approfondimento: è l'art. 5, "obbligo di assicurazione", nel quale si legge:

Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale...

L'Ordine precisa che "la norma non si applica ai giornalisti" e cita anche il "confronto che il vertice dell'Odg aveva avuto con il ministro Paola Severino e con il suo staff, il 18 maggio 2012". In punto di diritto l'affermazione non è fondata: se la professione giornalistica è compresa tra quelle "riformate" dal DPR, e se non c'è un'eccezione esplicita, la norma si applica. Di fronte a un testo di legge i "confronti" con i ministri lasciano il tempo che trovano. Alla fine dei conti siamo di fronte al solito pasticcio normativo all'italiana. Infatti nella relazione illustrativa si legge:

...il rischio da coprire con l’assicurazione obbligatoria prevista dalla norma primaria di delegificazione è quello relativo ai danni derivanti al “cliente”, con ciò facendo riferimento alla instaurazione di un rapporto di clientela, nel senso tradizionale della prestazione di un servizio professionale diretto al cliente che lo commette. Ne deriva la necessità di non introdurre alcuna eccezione all’obbligo assicurativo previsto dalla norma primaria, lasciando all’interprete di valutare quando vi sia o no un rapporto di clientela, tale da imporre l’obbligo di assicurazione. Più in generale, la specificazione dell’oggetto dell’assicurazione, riferito alla copertura per i danni derivanti al cliente, consente di escludere, con riferimento alle diverse modalità di configurazione del rapporto professionista-cliente, che l’obbligo in questione possa riguardare il professionista che operi nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente.

Si può discutere se sia opportuna la mancanza di un'eccezione esplicita (la relazione introduttiva non ha forza di legge). Il problema è che l'eccezione implicita, secondo la relazione, si applica solo "nell'ambito di un lavoro dipendente".
E allora, come la mettiamo con i pubblicisti? Devono stipulare un'assicurazione per i danni derivanti al cliente (cioè l'editore) dall'esercizio dell'attività professionale? E con le migliaia di precari, di (giornalisti) tra parentesi, quelli cioè che non sono neanche pubblicisti, che guadagnano cifre miserabili e che ogni giorno rischiano un processo per esercizio abusivo della professione?

Ancora una volta emerge l'anomalia italiana costituita dall'esistenza di un ordine professionale come il nostro. Un corpo estraneo in una società democratica. E non aggiungo altro, perché sull'argomento ho già scritto troppo (vedi, fra l'altro, La non-riforma e le illusioni dei pubblicisti, La proposta dell'Ordine: abolire Giovanni Tizian, Riformare la professione, abolire l'albo "immorale").

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