Il direttore di un
giornale sul web non è "direttore
responsabile" ai sensi della legge sulla stampa del
1948. Quindi non può essere colpevole di "omesso
controllo" per i contenuti della pubblicazione.
Questa è la sostanza della decisione della Corte di
Cassazione, nella sentenza n.
35511 del 16 luglio scorso, pubblicata ieri. Che fissa un precedente importante in una
materia molto controversa.
La logica seguita dai giudici del
"Palazzaccio" è lineare e si fonda sul
fondamentale principio detto della "tassatività
della legge penale": un fatto è reato solo le la
legge lo definisce espressamente come tale.
L'interpretazione analogica (cioè l'applicazione della
norma a un caso simile a quello contemplato dalla legge) non è consentita in malam partem, cioè a
sfavore dell'imputato.
La norma in questione è l'art. 57 del codice penale.
Ecco il testo:
Art. 57. Reati commessi col mezzo della stampa
periodica
Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione
e fuori dei casi di concorso, il direttore o il
vice-direttore responsabile, il quale omette di
esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il
controllo necessario ad impedire che col mezzo della
pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo
di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita
per tale reato, diminuita in misura non eccedente un
terzo.
Ora il punto è che la stampa periodica contemplata
dal codice penale è quella regolata dalla legge
n. 47 del 1948, che all'art. 1 dice:
Art. 1 - (Definizione di stampa o stampato)
Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le
riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-
chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.
Per la Corte è chiaro che una pubblicazione sul web
non può rientrare nella definizione data dalla legge
del 1948. Quindi l'art. 57 cp non può essere applicato,
per l'insuperabile divieto di interpretazione analogica in
malam partem.
Ma la sentenza non si ferma qui. Ricorda che c'è
anche la legge 62/01,
che ha riunito nella definizione di "prodotto
editoriale" tutte le pubblicazioni, su carta o su
altri supporti, e ha esteso all'informazione on line le
regole del 1948 per stampa periodica su carta (con le
complicazioni che conosciamo, vedi Informazione on line, ecco il caos delle
norme). Ma non ha esteso espressamente le previsioni penali, quindi queste
valgono solo per la carta stampata. E lo stesso
legislatore, osserva ancora la Corte, ha più volte
proposto norme che vanno in questa direzione: segno
evidente che non c'è una disposizione che punisce per
omesso controllo il direttore del periodico on line.
Del resto, dice ancora la sentenza, il decreto
legislativo 70/2003 ha esplicitamente escluso la
responsabilità dell'internet provider per i contenuti
immessi dagli utenti, se non è a conoscenza del fatto
che sono illeciti (in caso contrario scatta l'ipotesi di
concorso nel reato). Un monito implicito per il
legislatore, al quale si ricorda anche, en passant,
che il controllo non sempre è facile o possibile...
Nella decisione ci sono altri importanti punti fermi,
come il riconoscimento del "difetto di motivazione, sua contraddittorietà e
illogicità in ordine alla esistenza della prova della
sussistenza del fatto" (l'esibizione di una
semplice stampa di una pagina web, stante la facilità
con la quale può essere falsificata, non può
costituire prova del reato).
La sentenza conferma anche una recente sentenza del
tribunale di Bologna, che il 18 febbraio di quest'anno
ha deciso che all'ipotesi di diffamazione sul web non è applicabile la normativa prevista
per la diffamazione a mezzo stampa, ancora una volta
perché sarebbe violato il principio del divieto di interpretazione analogica
in malam partem (il testo della motivazione non
è disponibile).
Crolla così definitivamente la sentenza
emessa dal tribunale
di Modica nel 2008,
che condannava un blogger (che si firmava con nome e
cognome) per il reato di "stampa clandestina",
previsto dalla legge del 1948 (vedi "Stampa clandestina": una sentenza inaccettabile".
A questo punto non è forse esagerato definire
"storica" la sentenza n. 35511. Ma resta
aperta una domanda: di che cosa è responsabile il
"direttore responsabile" di un periodico,
regolarmente iscritto nel registro della stampa come
pubblicazione telematica?
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