Un nuovo allarme nell'internet italiana. "Da oggi
qualsiasi blog potrà essere chiuso". "La
rete italiana è quasi tutta clandestina". Sono
solo due tra i tanti commenti che circolano dopo la
pubblicazione delle motivazioni della sentenza del
giudice di Modica, che ha considerato "stampa
clandestina", ai sensi della legge sulla stampa
del 1948, il blog dello storico siciliano Carlo Ruta.
Avevo scritto, alla notizia della condanna, che era
prematuro commentare la sentenza prima di conoscere le
motivazioni. Pensavo a una diversa, e comunque non
condivisibile, ipotesi di reato. Ma realtà supera
l'immaginazione e la decisione del giudice appare
inaccettabile. E impone alcune riflessioni.
La gravità della decisione
non è nei centocinquanta euro di multa, ma nel
sequestro del sito, nella qualificazione di
"stampa clandestina" per una pubblicazione
in cui erano ben evidenti il nome dell'autore-editore
e persino la sua fotografia.
Quanto siti internet personali, quanti blog sono nelle
stesse condizioni in Italia? La cifra di un milione
può essere un ordine di grandezza. Allora dobbiamo
temere un milione di processi, un milione di
sequestri, un milione di multe da 150 euro?
Evidentemente c'è qualcosa che non va. Cerchiamo di
capire che cosa, partendo dalle norme.
La legge 8 febbraio 1948, n. 47
"Disposizioni sulla stampa" stabilisce
all'art. 2 che Ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il
nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore.
I giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di
qualsiasi altro genere devono recare la indicazione:
del luogo e della data della pubblicazione;
del nome e del domicilio dello stampatore;
del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile.
All'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che
contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti
gli esemplari.
L'art. 3 aggiunge: Ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore
responsabile.
L'art. 5 detta il regime della stampa periodica: Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato
registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi.
Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:
1) una dichiarazione, con le firme autenticate del proprietario e del direttore
o vice direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di
essi e della persona che esercita l'impresa giornalistica, se questa è diversa
dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione; [...]
3) un documento da cui risulti l'iscrizione nell'albo dei giornalisti, nei casi
in cui questa sia richiesta dalle leggi sull'ordinamento professionale; [...].
L'art. 16 prevede l'ipotesi di "stampa
clandestina: Chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza
che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall'art. 5, è punito con la
reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire centomila.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico, dal
quale non risulti il nome dell'editore né quello dello stampatore o nel quale
questi siano indicati in modo non conforme al vero.
Fin qui la legge del 1948, che disciplinava
espressamente solo la carta stampata. Nel 2001, con la
legge n. 62 il
legislatore si accorge finalmente dell'esistenza dei
media digitali e dell'internet. Invece di scrivere una
nuova legge, adeguata ai tempi, estende il regime
della stampa all'editoria digitale, combinando un
pasticcio di norme che ho descritto in altre occasioni
(vedi, fra l'altro, Editoria, un confuso groviglio normativo
e ROC: lo "scombinato disposto" delle leggi e
del regolamento).
Il terzo comma dell'art. 1 della legge del 2001
dice: Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di
cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto
editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da
una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto,
altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge
n. 47 del 1948.
Applicando questo "combinato disposto",
il giudice di Modica ha condannato Carlo Ruta,imputato
di stampa clandestina, ritenendo provato il fatto che
il sito Accadeinsicilia.net è un "giornale diretto
a svolgere attività di informazione" poiché
nella testata contiene la parola "giornale"
e per la "sistematicità con cui veniva
aggiornato".
In più il giudice si dilunga in considerazioni che
appaiono del tutto superflue, oltre che inconsistenti,
sull'art. 7 del DLgv 70/2003 (in materia di servizi
della società dell'informazione"), e che non
cambiano la sostanza del ragionamento.
Eppure sarebbe stato facile assolvere Carlo Ruta,
partendo dalla prova acquisita che l'aggiornamento del
sito non era "periodico" (parola che
significa, secondo il Devoto-Oli "Di quanto si
ripete o risulta distribuito a intervalli regolari nel
tempo o nello spazio" ovvero "Qualsiasi
pubblicazione che esce a intervalli regolari". E
la "sistematicità" constatata dal giudice
non significa "periodicità"
("sistematico", sempre secondo il Devoto-Oli
è "Conforme o corrispondente a un
sistema"). Quindi, in mancanza della
periodicità, non poteva ravvisarsi il reato di
"stampa clandestina", previsto e punito dal
primo comma dell'art. 16 della legge 47/48.
In sostanza il giudice ha attributo alla parola
"periodico" un significato che non le è
proprio, contravvenendo all'art. 12 c.c.
"Disposizioni sulla legge in generale", che
dice: "Nell'applicare la legge non si può ad
essa attribuire altro senso che quello fatto palese
dal significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore".
Poteva restare l'ipotesi della violazione del
secondo comma dell'art. 16 (stampato non periodico,
dal quale non risulti né il nome dell'editore né
quello dello stampatore, o nel quale questi siano
indicati in modo non conforme al vero), che avevo
avanzato nel primo articolo sulla questione (Blog e stampa clandestina: aspettiamo la sentenza).
Ma il giudice non l'ha nemmeno presa in
considerazione.
Ora si pone un problema cruciale: Carlo Ruta, da
quanto risulta da una semplice ricerca sul sito
dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, non è un
giornalista. Quindi, anche se l'avesse voluto, non
avrebbe potuto registrare la sua "testata".
Di conseguenza, secondo la sentenza del giudice di
Modica, non potrebbe dare informazioni o esprimere le
sue opinioni con "sistematicità". Con tanti
saluti all'articolo 21 della Costituzione.
Da tutto questo derivano due considerazioni. La
prima è che il pasticcio normativo dell'informazione
on line deve essere risolto e che deve essere
assicurato a tutti il diritto di manifestazione del
pensiero, senza il rischio di incorrere in reati fuori
del tempo. La seconda è l'auspicio che qualche
giudice illuminato investa della questione la Corte
costituzionale. Che, nel tempo della società
dell'informazione, potrebbe rivedere le sentenze n. 11 e 98 del 1968
e n. 2
del 1971 che confermavano la legittimità delle norme
del 1963 sulla registrazione dei periodici e l'Ordine
dei giornalisti.
Altrimenti i giudici potrebbero trovarsi nella
difficoltà di perseguire gli autori di siti
prudentemente spostati all'estero, dove non esistono
né leggi liberticide come le nostre né corporazioni
pronte a difenderle.
Vedi anche Il
commento di Franco Abruzzo
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