La regola è chiara
(a prima vista) e non ci sono eccezioni: i
"prodotti editoriali" pubblicati a cadenza
regolare, cioè quotidiani e periodici, sono soggetti
all'obbligo di iscrizione nel registro della stampa
tenuto dal tribunale del luogo della pubblicazione. Gli
altri, cioè le pubblicazioni che non escono a
intervalli regolari, devono soltanto riportare la
cosiddetta "gerenza", cioè indicare le
generalità dell'editore, il luogo e la data di
pubblicazione eccetera, come prescrive l'art.
2 della legge "Disposizioni sulla stampa"
la n. 47 del lontano 1948.
Salta agli occhi che le regole di quasi sessant'anni
fa sono difficili da applicare nell'era dell'internet, a
partire dalla definizione di "stampa" e
"stampato" dell'art.
1. Il legislatore ha creduto di risolvere il
problema con la legge n. 62 del 7 marzo 2001. Invece ha
complicato la situazione. Ma andiamo con ordine.
La legge 8 febbraio
1948, n. 47, prescrive che "ogni giornale o
altro periodico deve avere un direttore
responsabile" (art.
3) e che "Nessun giornale o periodico può
essere pubblicato se non sia stato registrato presso la
cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi" (art.
5). Inoltre, lo stesso articolo 5 richiede, per i
direttore responsabile, "un documento da cui
risulti l'iscrizione all'albo dei giornalisti".
Tutto questo, però, riguarda formalmente le
pubblicazioni che rientrano nella definizione di
"stampa" e "stampato" dell'art. 1:
"Sono considerate stampe o stampati, ai fini di
questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o
comunque ottenute con mezzi meccanici o
fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla
pubblicazione".
Sulla base di questi principi, molti
tribunali hanno rifiutato per lungo tempo l'iscrizione
delle testate telematiche (se non come supplementi di
pubblicazioni su carta), anche in considerazione del
fatto che per l'estensione del regime della stampa ai
notiziari radiofonici e televisivi era stata emanata
un'apposita disposizione nella la legge 223/90 (la
famosa "Mammì", che avrebbe dovuto mettere
ordine nel settore radiotelevisivo rivoluzionato dalla
lunga stagione dello sviluppo dell'emittenza privata).
Solo nel 1997, una coraggiosa ordinanza
del tribunale di Roma accoglieva la richiesta di
registrazione della testata InterLex, come periodico
"trasmesso a mezzo rete telefonica, in formato
digitale con i protocolli tecnici della rete
INTERNET".
In seguito alcuni tribunali hanno
seguito l'esempio di Roma, altri hanno continuato a
sollevare obiezioni. Con la conseguenza che l'editore di
una pubblicazione periodica on line poteva incorrere nel
reato di stampa clandestina, previsto dall'art. 16 della
legge del 1948:
Stampa clandestina. - Chiunque
intraprende la pubblicazione di un giornale o altro
periodico senza che sia stata eseguita la registrazione
prescritta all'art. 5, è punito con la reclusione fino
a due anni o con la multa fino a lire 500.000.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno
stampato non periodico, dal quale non risulti il nome
dell'editore né quello dello stampatore o nel quale
questi siano indicati in modo non conforme al vero.
Nel 2001, con la legge legge 7 marzo 2001, n. 62
"Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e
modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", alla nozione di
"stampa" è stata sostituita quella di
"prodotto editoriale", comprendendo ogni mezzo
di pubblicazione, anche in formato digitale. Vediamo gli
aspetti essenziali.
1. Al primo punto c'è la definizione di "prodotto
editoriale", che comprende "il
prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto
informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di
informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso
la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici
o cinematografici" (art. 1, c. 1). Non rientrano nella nozione di prodotto
editoriale "i supporti che riproducono
esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati
esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il
pubblico" (art. 1. c. 2).
2. Stabilisce poi la legge che "Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di
cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto
editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da
una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto,
altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge
n. 47 del 1948" (art. 1, c. 3; l'art. 5 della legge 47 prevede la
registrazione dei periodici, con l'indicazione del
direttore responsabile). Questo è il punto-chiave, dal quale
derivano i problemi di oggi. Infatti la legge del 48,
dopo aver limitato all'art. 1 la nozione di
"stampa o stampato" ai soli prodotti su
carta, all'art. 2 introduce due obblighi per chi
pubblica:
a) di indicare "il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il
nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore". Queste
indicazioni, in sostanza, valgono per i libri; inoltre
"i giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di
qualsiasi altro genere devono recare la indicazione:
del luogo e della data della pubblicazione;
del nome e del domicilio dello stampatore;
del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile";
b) una seconda, essenziale prescrizione è che
"all'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che
contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti
gli esemplari".
E' chiaro a prima vista che queste prescrizioni non
si possono estendere automaticamente ai prodotti
editoriali telematici perché: a) il "luogo della
pubblicazione" è di difficile identificazione,
dal momento che il server web dal quale la
pubblicazione è diffusa è indifferente e può essere
cambiato in brevissimo tempo con estrema
semplicità"; b) non esiste uno
"stampatore" come soggetto che riproduce in n
copie lo stesso prodotto; c) non c'è "identità
di contenuto in tutti gli esemplari", poiché
ogni utente costruisce il suo esemplare prendendo solo
le pagine che gli interessano, anche pubblicate in
date diverse.
3. Stabilisce poi l'art. 16 della legge del 2001
che "i soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di
comunicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero
5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall’osservanza
degli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948,
n. 47". Con un'aggiunta: "L’iscrizione è condizione per l’inizio delle
pubblicazioni".
Sotto la rubrica "semplificazioni" che
contraddistingue questo articolo, si nasconde in
realtà un terribile pasticcio. Infatti: a) i
"soggetti" contemplati dalla legge 249/97 (la
celebre "Maccanico") sono solo
"imprese" e non persone fisiche; b)
l'iscrizione al registro della stampa comporta l'indicazione del direttore responsabile (che per
la legge 63/69 deve essere iscritto all'Ordine dei
giornalisti), mentre questa condizione non è
richiesta per l'iscrizione al registro degli operatori
di comunicazione; c) l'iscrizione come
"condizione per l'inizio delle
pubblicazioni" potrebbe cozzare contro l'art. 21
della Costituzione, costituendo di fatto una
"autorizzazione".
Queste disposizioni, come può constatare chiunque
abbia la pazienza di scorrere le pagine citate alla
fine di questo articolo, hanno suscitato accese
polemiche. Sicché il legislatore è intervenuto con
una specie di "interpretazione autentica"
nell'art. 7,
c. 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70,
che chiarisce: "La registrazione della testata
editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente
per le attività per le quali i prestatori del
servizio intendano avvalersi delle provvidenze
previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62".
Ma, a parte il fatto che non sono previste
"provvidenze" per l'informazione on line,
resta il problema della differente natura dei due
registri: in quello del tribunale sono iscritte le
"testate", con l'indicazione del giornalista
che svolge il ruolo di direttore responsabile; nel ROC,
invece, devono essere iscritte le "imprese",
che per la loro natura giuridica non hanno un direttore
responsabile. C'è un rappresentante legale, che svolge
un ruolo ben diverso. E, a leggere con attenzione, la
norma non dice se la registrazione riguarda il registro
del tribunale o il ROC.
Riassumendo e semplificando, la situazione oggi è
questa:
a) nessun obbligo è previsto per le pubblicazioni
non periodiche, tranne le indicazioni previste
dall'art. 2 della legge del '48 (alle quali si
aggiunge il numero di partita IVA, secondo l'art. 35,
c. 1, del DPR 633/72, come modificato nel 2001);
b) i prodotti editoriali periodici devono essere
iscritti al registro della stampa del tribunale del
luogo di pubblicazione (quindi devono avere il
direttore responsabile iscritto all'Ordine dei
giornalisti);
c) le imprese editoriali che
intendono avvalersi delle provvidenze per l'editoria
devono iscriversi al ROC. L'iscrizione al ROC
esonera dall'iscrizione nel registro della stampa,
quindi non occorre il direttore responsabile (una
stranezza in forte odore di incostituzionalità,
perché comporta una disparità di trattamento non
indifferente tra la carta e il web).
In conclusione, non c'è alcuna norma che
obblighi i titolari di siti internet personali, blog,
forum e quant'altro, a qualsivoglia iscrizione in
qualsivoglia registro. A condizione che
l'aggiornamento del sito non sia periodico (cioè a
intervalli regolari).
Per approfondire:
Stampa e Rete, il problema non è l'articolo 5 -
07.12.00
Come riconoscere l'informazione professionale on line?
di Rodolfo Falvo - 14.12.00
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registrazione. Anzi... 06.04.01
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12.04.01
"L'iscrizione è condizione per l'inizio delle
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