In Italia l'informazione è libera.
In Italia l'informazione è libera?La prima
proposizione è vera: l'articolo 21 della
Costituzione lo afferma con certezza.
La seconda si conclude con un interrogativo, perché nei
fatti sorgono molti dubbi sulla realizzazione del
principio costituzionale. Basta leggere le "classifiche"
che diversi organismi internazionali stilano ogni anno per
misurare in qualche modo il grado di libertà
dell'informazione nel mondo: nell'edizione 2011-2012 di Reporter senza frontiere siamo al
sessantunesimo posto. E in forte peggioramento rispetto
all'anno precedente. Ma le statistiche, come tutti sanno,
sono la scienza del mezzo pollo a testa.
E' meglio osservare i fatti. L'ultimo di questi è la seconda
"sentenza di Ortona": Alessandro Biancardi,
direttore di un giornale on line, è stato condannato in
sede di civile a cancellare, ovvero
"dimenticare", un fatto vero e accertato. Sul
punto si veda il commento di Andrea Monti In nome della "privacy"
cancellata la storia.
La condanna è un capitolo dell'annosa offensiva contro la
libertà del Web, in questo caso operata sotto il pretesto
di un presunto "diritto all'oblio", che non
esiste nell'ordinamento. Avrebbe mai un giudice ordinato
di strappare le pagine di tutte le copie di un giornale di
carta?
Con una precedente sentenza dello stesso tribunale,
allo stesso Biancardi era stato ordinato di cancellare un
articolo in cui si dava conto, con correttezza, degli
sviluppi di una vicenda giudiziaria. Anche questa sentenza
applicava a modo suo la normativa sulla protezione dei
dati personali, facendola prevalere sulla libertà di
stampa costituzionalmente garantita (vedi Signor Garante, sono Lucio
Sergio Catilina...).
In tempi molto recenti un altro fatto ha richiamato il
problema della libertà dell'informazione nel nostro
Paese: la vergognosa commedia che si è recitata nel
Parlamento intorno alla "legge sulla
diffamazione" (vedi Diffamazione: il DDL muore, la vergogna resta).
In questo caso la politica italiana ha dato il peggio di
sé: con la scusa di evitare il carcere ai giornalisti
accusati di diffamazione, si è tentato di introdurre
norme ancora più repressive. Per fortuna il disegno di
legge è finito su un binario morto.
Se non basta, riflettiamo su un altro
fatto, di ordine ancora più generale: l'Italia è l'unico
paese democratico in cui la professione di giornalista non
è libera. Qui commette un reato chi svolga questo lavoro,
o si qualifichi come giornalista, senza avere la tessera
rilasciata da un ente statale. Inventato dalla dittatura
fascista e assai poco cambiato da allora (si veda il confronto tra le
norme di allora e quelle di oggi).
Una norma obsoleta, inapplicata? No, come mostra il
caso di Francesco Vanin, imprenditore friulano titolare di
una web-tv, denunciato perché svolgeva "attività
giornalistica non occasionale" senza essere iscritto
all'Ordine dei giornalisti. Denuncia sporta proprio
dall'Ordine e così bislacca che anche il pubblico
ministero aveva chiesto l'assoluzione.
Assolto anche Carlo Ruta, ma in Cassazione e con una
sentenza non del tutto limpida. Era stato condannato in
primo e secondo grado per "stampa clandestina"
per un blog - firmato con nome e cognome, quindi
tutt'altro che clandestino - in cui si parlava di mafia.
Ora mettiamo insieme la condanna di Alessandro
Biancardi da una parte e le assoluzioni di Carlo Ruta e
Francesco Vanin dall'altra. Aggiungiamo la condanna al
carcere di Alessandro Sallusti, che ha commesso il reato
di diffamazione su un giornale di carta e non su un sito
internet. Il quadro può sembrare contraddittorio. Ma
queste e altre vicende mostrano come che i giornalisti
italiani lavorino sotto la minaccia costante di azioni
giudiziarie. Una minaccia che limita in misura
inaccettabile la loro libertà di informare e di
commentare.
A volte queste azioni sono giustificate (il caso
Sallusti), ma hanno esiti inaccettabili. A volte sono
basate sul nulla, come nei casi di Ruta e di Vanin. Ma il
quadro generale che ne risulta dimostra che sono
giustificate le posizioni vergognose che il nostro Paese
occupa nelle pur imprecise classifiche della libertà di
stampa.
L'Ordine dei giornalisti non ha nulla da dire su questo
argomento?
Post scriptum. E' entrata in vigore la legge sull'equo compenso
ai giornalisti indipendenti. Purché iscritti all'Ordine.
Vedi Equo
compenso, una legge contro la Costituzione?
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