l decoder unico? Un sogno svanito all'alba. Lo strumento imposto da una
legge di sette anni fa per consentire la visione di qualsiasi canale satellitare
senza ricorrere a diversi apparecchi, per un'altra legge non esiste più. La
"rivelazione" è dell'avvocato Eugenio Prosperetti (vedi I problemi del decoder unico),
che ha scovato nell'interminabile elenco delle abrogazioni contenuto nell'art.
54 del codice della radiotelevisione (DLgv 177/05) quella che elimina
l'art,
2, c. 2 della legge 29 marzo 1999, n. 78. Così si spiega l'inerzia, o l'acquiescienza,
delle autorità che avrebbero avuto il compito di intervenire per imporre a Sky
Italia il rispetto della legge, quando l'operatore satellitare ha imposto il
cambio dello standard di cifratura e un apparecchio che impedisce agli utenti di
ricevere tutti i canali disponibili e di ordinarli secondo i propri gusti.
Perché ora è chiaro che il governo "mediatico" della passata
legislatura aveva già deciso di fare un favore al proprietario di Sky, il
magnate dei media austrialiano Murdoch. Inventando l'istituto, assente dal
nostro ordinamento giuridico, della legge "obsoleta" (vedi La blindatura dei contenuti non
passerà, Decoder Sky, gli utenti chiedono aiuto e Sky: ti sorprende sempre...). La
lettera di Prosperetti suscita però altre considerazioni. La prima è che per
Sky non c'è alcun ostacolo tecnico per soddisfare il diritto dell'utente di
ricevere qualsiasi canale satellitare con un solo apparecchio: basta distribuire
una cam, un apparecchietto che, inserito in un decoder
"aperto", consenta di ricevere i canali cifrati con lo standard di
Sky (NDS), come altre cam consentono di vedere canali cifrati con sistemi
diversi (SECA, Irdeto ecc.). La seconda considerazione è che non è
necessario usare set top box diversi per le diverse piattaforme (satellitare,
digitale terrestre, larga banda). Già oggi il decoder di Sky prevede il
"canale di ritorno" su linea telefonica e incorpora il modem analogico
necessario per questa funzione. Inserire un modem ADSL non è un problema;
ancora più semplice prevedere un'uscita per un modem o un router collegato alla
linea a larga banda. Quanto al digitale terrestre, i tecnici assicurano che la
necessaria circuteria elettronica può essere inserita in un decoder satellitare
a un costo molto più basso di quello di un set top box specifico. Dunque il
decoder unico multipiattaforma è tecnicamente realizzabile, con un costo per
l'utente certamente più basso di quello della somma dei singoli apparecchi: non
è una questione tecnica ma, come si dice, di "volontà politica".
La disponibilità di un apparecchio di questo tipo avrebbe un risvolto pratico
di grande importanza: renderebbe più facile l'accesso di ogni utente alle
diverse piattaforme, con poche complicazioni operative e quindi farebbe crescere
la diffusione dei contenuti digitali. Favorirebbe anche la diffusione del
digitale terrestre. Ne guadagnerebbero tutti. La
"convergenza dei media", della quale si parla ormai da dodici anni,
potrebbe quindi realizzarsi intorno a un unica "scatola" da collegare
al televisore di casa. Invece oggi l'industria cerca di appiopparci
complicatissimi televisori ai quali collegare una quantità di
"scatole". Con la conseguente rottura delle medesime (in senso
figurato) degli utenti alle prese con intrecci di cavi, spinotti misteriosi,
telecomandi multipli e "settaggi" incomprensibili.
Ma l'industria sembra più impegnata a frenare il progresso che a
stimolarlo. Il vero problema è l'abolizione degli steccati, delle tecnologie
chiuse, della frammentazione degli standard e dei modi di riscossione dei
"diritti digitali".
Si dovrebbe ricordare sempre che il telefax (il primo strumento che ha cambiato
il nostro modo di lavorare) si è diffuso solo con l'adozione di uno standard
comune, dopo anni di esistenza inutile. Lo stesso si è verificato con la
telefonia mobile, prima con il TACS e poi con il GSM. Possibile che nessuno se
ne accorga?
|