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(16 febbraio - 31 agosto 2010) |
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(14 giugno 2009 - 8 febbraio 2010)
Il
vecchio forum (19 novembre 2006 - 10 febbraio
2009) |
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"Mitraglia"
è ritornato con la solita passionaccia |
31.08.10
Altro che Cappuccetto Rosso, come ha detto di
sentirsi prima di incominciare, per i tanti "in
bocca la lupo" ricevuti. E' bastato sentire i
titoli sparati a piena voce per capire che
"Mitraglia" è ritornato.
Enrico Mentana ha varato il suo nuovo TG sulle onde de
La7. E ci ha ricordato che cosa può essere
l'informazione televisiva, attenta ai fatti,
equilibrata, senza veline (in ogni senso) e senza le
non-notizie che riempiono i telegiornali dell'era
berlusconiana. Senza parlare il gergo della casta,
cercando di spiegare le notizie. Con la passione, anzi
la "passionaccia" di sempre. Uno stile che
avevamo dimenticato, tra il fighettismo di Sky e le
facce lugubri o imbalsamate del sevizio pubblico.
Esemplare l'umanità dell'intervista al marito della
donna che ha partorito durante una rissa tra i medici.
Peccato solo per la grafica e i colori di uno studio che
ricorda un garage. Ma se dal mattino di riconosce il
giorno, è facile prevedere che il TG La7 darà del filo
da torcere ai
concorrenti.
In Televisione
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Conto alla rovescia
per Europa 7. La scommessa |
28.06.10
Dopo più di undici anni da quando ha ricevuto la
concessione, Europa 7 sta per incominciare a trasmettere
via digitale terrestre su tutto il territorio nazionale.
Ha ottenuto dal Ministero delle attività produttive le
frequenze che servono per coprire le aree non raggiunte
dal canale 8 VHF e la partenza è prevista per il
prossimo 20 luglio. Ma non sarà l'emittente che
Francesco Di Stefano sognava tanti anni fa. Europa
7HD, questo è il nuovo marchio (con un logo
molto azzeccato), trasmetterà solo canali tematici a
pagamento in alta definizione. Niente telegiornali,
purtroppo, almeno per il momento.
Ma Europa 7HD non segue lo standard oggi in uso e per il
quale sono predisposti tutti i televisori e i decoder
che si trovano nei negozi e nelle case degli italiani.
Ha adottato il nuovissimo "T2", con il quale
si possono comprimere fino a 8 canali digitali in alta
definizione nello spazio di un vecchio canale analogico.
E, sembra, con una qualità superiore a quella offerta
dallo standard attuale.
Il problema è che serve un nuovo decoder. L'emittente
offrirà il nuovo 7-box
(che riceve anche gli standard precedenti), ma che
arriva quando decine di milioni di teleutenti hanno
appena acquistato i decoder o i nuovi televisori con il
decoder digitale terrestre integrato. Riuscirà il
cocciuto imprenditore abruzzese a convincerli a
comperare l'ennesimo apparecchio? E' una nuova scommessa
per Di Stefano, che dovrà anche misurarsi con una
concorrenza agguerrita nel sempre più affollato settore
della
pay-tv.
In Televisione
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DDL 1611: per
l'internet è peggio del bavaglio |
11.06.10 Mani legate ai giudici, bavaglio per la stampa: su
questi due punti si combatte contro il disegno di legge
approvato ieri dal Senato. Ma le disposizioni
liberticide si estendono all'internet: il comma 29
modifica l'articolo 8 della decrepita legge sulla stampa del
1948 e mette in un solo fascio i siti amatoriali e
quelli delle impresse editoriali. Con sanzioni elevatissime
per il mancato rispetto dell'obbligo di rettifica (qui il nuovo testo,
se la legge passerà). Il
che significa indurre alla massima prudenza (leggi
"autocensura") blogger, citizen journalist
e altri privati cittadini, che danno
notizie ed esprimono opinioni attraverso la Rete.
Anche per le pubblicazioni on line servono regole per
sanzionare gli abusi della libertà di espressione. Ma
non si possono imporre a singoli individui gli stessi
obblighi e le stesse sanzioni che si applicano alle
imprese editoriali.
Un motivo in più, e non secondario, per opporsi a
questa legge indecente.
In Sistema
informazione - Internet e stampa
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Santoro,
Garimberti, Masi e le scatole cinesi dell'anomalia |
08.06.10
Le notizie si accavallano, quasi un bollettino di
guerra. Ieri la conferenza stampa di Michele Santoro.
Dice: Annozero va avanti se il presidente
Garimberti ci mette la faccia, se dice chiaro e tondo
che per lui la trasmissione deve continuare. E
Garimberti ci mette la faccia. Risponde a stretto giro
che "Annozero può cominiciare" e che prende
lui il cerino accesso della controversia tra i
giornalista e la Rai. Rischia di scottarsi le dita,
perché il direttore generale Masi ricorda subito che il
rapporto tra Santoro e l'azienda è sub iudice.
Il suo compito è abbattere (sul piano professionale,
s'intende) Santoro, e altri con lui. Lo sappiamo grazie
alle intercettazioni di Trani (che non potremmo
conoscere se fosse in vigore la legge-bavaglio), dalle
quali risulta chiaro il diktat del signore delle
televisioni: via Santoro, Dandini, Floris...
insomma tutti quelli che fanno televisione come servizio
pubblico e non come servizio del Governo.
Non abbiamo il tempo di riprenderci. Il signore delle
televisioni, nonché presidente del Consiglio dei
ministri, nonché ministro ad interim delle
comunicazioni, fa sapere che in quest'ultima veste
potrebbe non firmare il nuovo contratto di servizio
della Rai in discussione in questi giorni alla
Commissione di vigilanza. Poi smentisce, come al solito.
Subito dopo c'è un'altra notizia: il CDA di viale
Mazzini dà esecuzione all'ordinanza del giudice del
lavoro e restituisce a Paolo Ruffini la direzione di
Rai3. Ma anche qui rimane un cerino acceso.
In tutto questo la domanda è: può il padrone della televisione
privata essere la controparte dell'azienda pubblica nel
contratto di servizio tra questa e lo Stato? L'anomalia
assomiglia sempre più a un gioco di scatole cinesi.
Approfondiremo questa e le altre questioni nei prossimi
giorni.
In Televisione
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Da
Chopin a Gabanelli: un'idea della TV "servizio
pubblico" |
30.05.10
Su Rai3 c'è Report: Milena Gabanelli ci sta
facendo conoscere molti segreti sui soldi del Vaticano.
Una puntata durissima. Ci saranno polemiche? E'
probabile. E' sicuro, invece, che ci saranno ancora
attacchi alla "troppa" libertà di stampa,
alla solita banda di "farabutti" che usano la
televisione pubblica per far conoscere cose che non
piacciono ai padroni.
Anche Fabio Fazio è spesso associato alla banda dei
farabutti. Ma tre ore fa ci ha regalato un'ultima
puntata (per quest'anno) di Che tempo che fa che
ha raggiunto un livello di straordinaria qualità.
Parlavano di Fryderyk Chopin, con grande passione,
Flavio Caroli e Daniel Barenboim. Che ci ha regalato
anche un' emozionante esecuzione del Notturno op. 27 n.
2.
"Ascoltare, ogni tanto, in televisione, cose
straordinarie". Così ha concluso Fazio. Ma alla
parola "televisione" dobbiamo aggiungere
l'aggettivo "pubblica". Perché non è
immaginabile che una serata come questa possa essere
trasmessa da una televisione commerciale. Dovrebbe
essere un motivo di riflessione per quelli che insistono
per la privatizzazione della Rai. Basterebbe eliminare
gli intermezzi osceni della pubblicità per avere una
televisione perfetta.
In Televisione
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Ruffini
"reintegrato" dal giudice. E Santoro, Busi,
Dandini... |
28.05.10
La notizia di oggi è che il giudice del lavoro ha
ordinato alla Rai di reintegrare Paolo Ruffini nella
direzione di Rai3. Era stato sollevato dall'incarico nel
novembre scorso, nonostante gli eccellenti risultati
della rete, e non gli è più stato assegnato un
incarico di livello adeguato. Naturalmente al settimo
piano di viale Mazzini rispondono picche e annunciano
ricorso.
La notizia di ieri era che Santoro resta alla Rai.
Santoro, ricordiamolo, che quest'anno ha condotto Annozero
per ordine del giudice, non perché l'azienda volesse
giovarsi degli straordinari ascolti che ottiene il
bravissimo (e lunatico) giornalista.
Qualche giorno fa avevamo avuto notizia dell'abbandono
della conduzione del TG1 da parte di Maria Luisa Busi,
in aperta polemica col direttore Augusto Minzolini (che
in aprile aveva escluso dal video Tiziana Ferrario,
Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso), rei di non aver
firmato un documento di solidarietà col direttore
medesimo. Sotto la cui guida il più importante
telegiornale italiano registra ascolti in calo
drammatico.
Altra notizia recente: il direttore generale Mauro Masi
vuole ridurre da quattro a una le serate di Serena
Dandini, che fa ottimi ascolti in seconda serata con Parla
con me. Il successore di Ruffini, Antonio Di Bella,
punta i piedi e minaccia le dimissioni.
E' una strana azienda, la Rai: rimuove o ridimensiona i
giornalisti che "fanno ascolto" e mantiene al
loro posto quelli che ottengono cattivi risultati.
Sembra che sia governata dal padrone di un'azienda
concorrente.
In Televisione
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RaiNews non si vede. Sciopero e
manifestazione il 4 giugno |
26.05.10 |
Sono migliaia i
messaggi di protesta che arrivano al sito di RaiNews: troppi spettatori
non la ricevono più sul digitale terrestre, dopo lo
sconquasso delle frequenze collegato allo switch-over
di una parte delle regioni del Nord (dal satellite ora
si riceve regolarmente sul canale 506 di Sky; qui
sotto le istruzioni per chi ha un decoder non-Sky).
La questione ha un aspetto singolare. Secondo quanto
ha comunicato la Rai, il canale RaiNews è stato
spostato sul MUX 1, quello di Rai1, 2 e 3. Quindi chi
non riceve RaiNews non dovrebbe ricevere neanche i
primi tre canali del servizio pubblico. E non
protesta? O le proteste sono censurate?
Contro questa situazione, e contro la cronica
scarsità di mezzi e risorse, la redazione ha
proclamato lo sciopero. Una manifestazione si terrà
il 4 giugno, dalle 10 del mattino, davanti ai cancelli
di viale Mazzini 14. Dettagli su Facebook e qui.
In Televisione
- Vedi anche Il pasticcio di Rai News: solo problemi
tecnici?
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Trovato anche
(nascosto) sul decoder Sky |
18.05.10 - ore 16.30
Rai News (non più "24") si riceve anche
con il decoder Sky. La procedura è questa: MENU -
GESTIONE ALTRI CANALI - RICERCA AUTOMATICA. Completata
la sintonizzazione, ESC - ORGANIZZA ALTRI CANALI. In
ordine alfabetico si trova Rai News, premendo OK il
canale viene inserito nella lista che inizia con il
numero 9600.
Domattina possiamo prendere il Caffè con Corradino
Mineo. E poi commentare questa vicenda, che appare
frutto di improvvisazione e confusione: perché la Rai
non ha avvertito i telespettatori dei cambiamenti in
corso, come ha fatto Mediaset con una campagna
insistente, con molti giorni di
anticipo?
In Televisione
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Poco visibile sul DTT, trovato
sul satellite... |
18.05.10 - ore 15.30
Con un decoder FTA ho trovato il canale sul HotBird
13°E TP 10.992GHz(V) PID 0520. Ora lo cerco su un
decoder Sky. Sul digitale terrestre nella mia zona non
si vedono i canali VHF, quindi non posso verificare se
è sul MUX 1 della Rai. Sul canale 25 (quello di test)
il canale viene rilevato dai ricevitori più sensibili,
ma con qualità insufficiente. Praticamente non
visibile.
In Televisione
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Oscurata RaiNews24, anche sul
satellite e sul web! |
18.05.10 - ore 13.10
Il miglior canale di informazione della Rai, esempio
di "servizio pubblico" non asservito, è
solo vittima del caos del digitale terrestre? Spostato sul
MUX dei primi tre canali, dice la Rai. Quello in VHF
che si riceve con più difficoltà? Ma non ci sono
ragioni tecniche per cancellarlo contemporaneamente
dal satellite e dai due siti web rai.it e
E' in corso l'assemblea della redazione (visibile qui con immagini fisse, senza
audio).
ULTIM'ORA (14.30) Il canale è di nuovo
visibile da rai.tv.
Secondo una fonte di viale Mazzini, si tratta solo di
un pasticcio tecnico. Sul satellite, al posto di
RaiNews24, c'è il nuovo canale Rai Sport2.
In Televisione
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Giornalisti, una
legge di casta
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Pierpaolo Pelò - 06.05.10
Uno dei punti di forza della casta giornalistica è una legge (tutta italiana) che vuole come
direttore responsabile di un periodico un giornalista o un pubblicista.
E' evidente che questa legge, introdotta negli anni sessanta, limita la libertà di espressione dei
cittadini e la libertà d'impresa (editoriale) dei medesimi.
Per giunta, è un assurdo. In pratica, un docente di storia medioevale, un architetto, un medico, non
potrebbero essere direttori responsabili di un periodico, sia pure di quartiere, che tratti di storia
medioevale, architettura, medicina.
Ci troviamo palesemente di fronte a una legge di casta il cui scopo è trovare lavoro a giornalisti e
pubblicisti oltre a controllare, tramite l'ordine dei medesimi, tutti i periodici pubblicati in
Italia.
Il punto principale è questo... con il trattato di Lisbona, le leggi europee (anche in materia di
editoria) prevalgono su quelle italiane e, in Europa, non esiste quest'obbligo di casta.
A questo, si aggiunga la corte europea dei diritti dell'uomo. Se ci si rivolgesse a questa contro
l'ordine dei giornalisti in nome della libertà di stampa, di espressione e d'impresa, si avrebbe
sicuramente partita vinta.
E' d'accordo con quanto ho scritto? E, se sì, come fare per allineare l'Italia agli altri paesi
europei (molto più civili e democratici di noi)?
Pierpaolo Pelò
Affidare la responsabilità di una pubblicazione a un
giornalista è opportuno per molti motivi. Per questo in
molti casi la figura del direttore editoriale non
coincide con quella del direttore responsabile. Il
problema è l'accesso chiuso alla professione, che non
esiste in nessun paese
democratico.
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DDL
intercettazioni: più difese dalla UE |
Andrea Capobianco - 05.05.10
Ho letto con estremo interesse i vostri articoli sul ddl intercettazioni e, se mi
consentite, vorrei fornirvi alcuni aggiornamenti interessanti.
A partire dal 13 dicembre 2009 è entrato in vigore il trattato sul funzionamento
dell'Unione europea che ha introdotto una serie di novità;
in particolare l'art 6 che testualmente recita ai paragrafi 2 e 3 "2. L'unione aderisce alla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze
dell'unione definite nei trattai. 3. I diritti fondamentali, garantiti
dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali
comuni agli stati membri, fanno parte del diritto dell'unione in quanto
principi generali."
Orbene, l'Unione ci dice che i principi della CEDU sono anche suoi principi. Ne consegue che l'iter procedimentale
tratteggiato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze richiamate da
Franco Abruzzo nel suo articolo (e precisamente la 348 e 349 del 2007 e
la 39/2008) deve considerarsi oramai superato stante l'assorbimento dei
principi della CEDU nell'unione.
Questo significa che il giudice dello stato membro non deve più sospendere il giudizio e rimettere gli atti
alla consulta, ma potrà direttamente disapplicare le norme che entrano
in contrasto con le norme e le statuizioni della Corte europea dei
diritti dell'uomo.
I tempi per ottenere giustizia sono sì lunghi..ma non così tanto come era prima dell'avvento del trattato sul
funzionamento dell'UE.
Andrea Capobianco
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Google-Vivi Down.
Puntiamo sulle PET |
Fabrizio Venturelli - 28.04.10
Leggo con piacere i vostro articolo "Google-Vivi
Down, una sentenza da cancellare". Poco tempo fa mi
sono laureato in giurisprudenza in diritto privato
dell'informatica, discutendo la tesi dal titolo "
il social network e il diritto alla privacy".
Durante la discussione mi venne proprio chiesto cosa ne
pensassi della sentenza, di cui allora era stato
pubblicato il solo dispositivo. La cosa curiosa è che
sia io (per quel che vale, ovviamente!) ma anche tutti i
membri della Commissione di laurea, facemmo riferimento
al solo art 17 del DLGV 70/03 che, infatti, sancisce
esplicitamente l'assenza di un "obbligo generale di
sorveglianza" a carico del prestatori di servizi.
Risulta chiaro che questo richiamo normativo basterebbe
da solo a far crollare le fondamenta stesse della
sentenza in esame. Ma non solo. Se si avvallasse il
pensiero di chi vuole trovare ad ogni costo un capro
espiatorio nella confusione del cyberspazio, da un lato
si farebbe giustizia sommaria, repressiva e inefficacie
e dall'altro si renderebbe il nostro ordinamento
giuridico ancora più impermeabile all'ingresso delle
nuove tecnologie nel nostro quotidiano. Puntiamo
piuttosto sulle PET (privacy enhancing technologies) per
prevenire i rischi legati all'uso spregiudicato di
Internet o comunque per individuare meglio l'eventuale
responsabile; puntiamo sulle privacy policy veramente
informative; puntiamo su un concetto di Internet libera
cosi come la voleva Berners quando la
"inventò". Fabrizio Venturelli
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I bulli sul Web e i
genitori di Adro |
15.04.10
Sto studiando la
sentenza Google-Vivi Down e ve ne darò conto al
più presto. Ma non riesco ad allontanare dalla mente i
fatti all'origine di queste fredde pagine di legalese:
la violenza di un gruppo di ragazzi su un compagno
debole, documentata col videotelefonino, per farsene poi
vanto sul Web. E, al massimo dell'orrore, il documento
che viene votato al primo posto tra i "video
divertenti". Divertenti! Ma chi sono i genitori di
questi farabutti, quelli che hanno compiuto la violenza
e quelli che la approvano? Quali valori hanno trasmesso
ai loro figli?
Intanto altri genitori irrompono dagli schermi. Sono
quelli di Adro, provincia di Brescia, dove si sta
svolgendo un'altra vicenda che suscita amare
riflessioni: alcuni bambini sono stati esclusi dalla
mensa scolastica perché i loro genitori non sono in
grado di pagarla. In altri tempi (e in altri luoghi?)
gli altri avrebbero messo mano al portafogli per aiutare
i più poveri. Qui invece è intervenuto un benefattore,
che ha "saldato il conto" fino alla fine
dell'anno scolastico. Apriti cielo! Padri e madri urlano
nelle telecamere "Allora non paghiamo neanche noi.
Chi non paga non mangia"!
Ripugnante. Questa è l'Italia in cui viviamo? Sì,
questa è Italia i cui governanti non vedono di buon
occhio Emergency e si scagliano contro il suo fondatore
Gino Strada. Perché "fa
politica".
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Google-Vivi Down:
sentenza pericolosa, attenti a Gasparri! |
13.04.10
Con largo anticipo sulla scadenza prevista, il
tribunale di Milano ha pubblicato le motivazioni della
sentenza che ha condannato tre dirigenti di Google a sei
mesi di reclusione per la pubblicazione di un video in
cui erano riprese le violenze esercitate su un bambino
disabile da un gruppo di coetanei. Un testo lungo e
complesso (111 pagine!), che richiede un esame attento
prima di "sputare sentenze".
Ma il senatore Maurizio Gasparri ha colto al volo
l'occasione per sparare sulla Rete: "Trovai all'epoca esemplare la sentenza, non solo
perché nessuno aveva vigilato abbastanza per impedire che quel filmato shock fosse messo in rete, ma soprattutto
perché nessuno aveva collaborato per rimuovere quei contenuti violenti in maniera tempestiva. Dopo le decisioni del Tribunale, resta il grande silenzio di Google che non si
è chiaramente espressa con delle iniziative o nuovi strumenti a tutela degli utenti contro la diffusione incontrollata di contenuti violenti. Resta certamente un vuoto normativo al quale va comunque posto
rimedio".
Il "vuoto normativo" del quale straparla
Gasparri è nelle considerazioni finali (a pag. 105) di
una sentenza che, a una prima lettura, desta molte
perplessità: non solo per le acrobazie
tecnico-giuridiche con le quali il giudice ha concluso
per la responsabilità del provider nel trattamento dei
dati personali, ma soprattutto perché ipotizza
"una buona legge che costruisca una ipotesi di
responsabilità penale per il mondo dei siti web (magari
colposa, ed allora sì per omesso controllo)...".
Manette ai provider per gli illeciti commessi dagli
utenti: sono anni che ci stanno provando. Ora il rischio
che passi qualche legge insensata diventa
concreto.
In Sistema
informazione
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Minzolini dalla prescrizione alla
proscrizione
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12.04.10
"Prescrizione non è assoluzione": con questo
slogan Valigia Blu ha raccolto 200.000
firme e radunato qualche decina di persone, l'altro ieri
a Viale Mazzini. Non era la giornata giusta: la sede
della Rai il sabato è chiusa, tanto che non ci sono
problemi per parcheggiare nei dintorni...
Valigia Blu chiede ancora la rettifica formale della
falsa affermazione del TG1, che il 26 febbraio scorso ha
detto che l'avvocato Mills è stato "assolto"
dall'accusa di essere stato corrotto da Silvio
Berlusconi. Invece la Cassazione ha sentenziato che il
legale inglese ha commesso il reato, ma che è passato
il prescrizione.
Tenere viva la polemica sul caso
"prescrizione" non è sbagliato, perché è un
esempio clamoroso di informazione falsa e tendenziosa.
Ma del direttore del TG1 Augusto Minzolini si deve anche
ricordare la "proscrizione" di alcuni
conduttori (Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e
Piero Damosso), oltre che del caporedattore Massimo De
Strobel, rei di non aver firmato una lettera di
solidarietà al direttore proprio sul caso Mills. Ora
potrebbe toccare a Maria Luisa Busi, richiamata
all'ordine per aver rilasciato a Repubblica un'intervista in cui ha parlato di
"rappresaglia". E colpevole di aver preso le
distanze dalla testata per come è stata trattata la
situazione dell'Aquila dopo il terremoto.
Bene gli appelli, le mobilitazioni, i sit-in. Ma ci sono
organi che dovrebbero intervenire con molta fermezza su
casi come questi: l'Ordine dei giornalisti, la
Federazione della stampa e, soprattutto, una commissione
parlamentare che è chiamata a esercitare la
"vigilanza dei servizi
radiotelevisivi"...
In Televisione
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Che cosa ha
rinviato alle Camere il presidente Napolitano? |
31.03.10
La notizia di oggi è che il Presidente della
Repubblica ha rinviato alle Camere... Che cosa? Secondo
alcuni telegiornali e giornali on line, un "disegno
di legge", secondo altri una "legge del
governo" e via delirando. In realtà Napolitano ha
rifiutato di "promulgare" una legge approvata
dal Parlamento. Perché un disegno (o progetto) di
legge, dopo l'approvazione in seconda lettura da parte
di una delle due Camere, è "legge". Dice
infatti la Costituzione (art. 73): "Le leggi sono
promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese
dall'approvazione".
Quanto alla "legge del governo", semplicemente
non esiste. Ma fa parte di un imponente bestiario, che
va dalla confusione tra "decreto legge" e
"decreto legislativo" alla "promungazione"
di una legge da parte di una delle Camere.
Superficialità? Pura (e colpevole) ignoranza degli
aspetti più elementari del nostro ordinamento da parte
dei giornalisti, anche di quelli del cosiddetto servizio
pubblico?
In Lingua
lessa e cervello fritto
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Come funziona
la censura nel XXI secolo |
17.03.10
Dunque niente talk-show fino alle elezioni: il CDA
della Rai ha deciso. Resta l'interpretazione restrittiva
del "diktat di San Macuto" emanato il 9
febbraio e ieri confermato dalla Commissione di
vigilanza. Il cui presidente, Sergio Zavoli, diceva che
i programmi di approfondimento si potevano ripristinare,
mentre il presidente della Rai, Paolo Garimberti, era
"favorevole alla ripresa delle trasmissioni di
approfondimento informativo". Niente da fare:
l'obiettivo era fermare soprattutto Santoro e Floris. E
ci sono riusciti.
Il panorama delle trasmissioni della Rai in questi
giorni è surreale. L'espressione "par condicio"
è la più ricorrente. I conduttori dei programmi
superstiti si tappano la bocca e la tappano ai loro
ospiti, ammiccando.
Qualcuno fa la fronda. Come ieri sera Serena Dandini,
che ha ritrasmesso l'intervista a Eugenio Scalfari, che
risale a parecchi mesi fa e che aveva fatto infuriare il
signore delle televisioni e di tutto il resto. In un Parla
con me "espanso", nel quale anche il
misurato Gianni Riotta ha aggiunto un carico pesante.
Tutti dicono che in Italia c'è ancora la libertà di
stampa. Scalfari, De Bortoli, Riotta, Mauro... Ma allora
perché se ne parla tanto? Certo, in Italia non c'
nessuna legge che limiti la libertà di stampa. Non può
esserci: l'articolo 21 della Costituzione è un baluardo
insormontabile.
Però ci sono i regolamenti come quello della Vigilanza,
ci sono le decisioni del CDA del servizio pubblico
radiotelevisivo e, soprattutto, ci sono le telefonate
che si intrecciano tra gli uomini del potere.
Le intercettazioni non piacciono al Re perché svelano
la sua nudità. Svelano i modi in cui il potere viene
esercitato. Spiegano come la censura si esercita nel XXI
secolo (leggete su repubblica.it di oggi).
Eugenio Scalfari, Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro,
Gianni Riotta e qualcun altro sono ancora liberi di
scrivere sui loro giornali. Ma la somma dei loro lettori
è quasi insignificante di fronte al pubblico della tv.
E se gli stessi Scalfari, De Bortoli eccetera possono
dire la loro negli studi televisivi, è perché in
quegli studi ci sono ancora persone con la schiena
dritta, disposti a pagarne le conseguenze. La
televisione è il mezzo che conta, nell'Italia di oggi.
E la televisione, mentre si avvicina un importante
scadenza elettorale, ha messo il bavaglio a Santoro e
Floris, quelli che fanno trasmissioni sgradite al potere
unificato. Se non è censura, che cosa è?
In Sistema
informazione
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Finalmente
disponibile la smart card Tivù Sat. Ma c'è un problema |
04.03.10
Una gradita sorpresa sulla home page di
Rai.it: si può richiedere la smart card Tivù Sat
senza essere costretti ad acquistare un apposito
decoder. Il prezzo non è basso (si va dai 16,20 € per
la richiesta on line e pagamento con carta di credito ai
21,60 per la richiesta via posta con pagamento in
contrassegno).
Era ora. Ma c'è un problema: il corretto funzionamento
è garantito solo con apparati certificati Tivù Sat e
l'assistenza tecnica è fornita solo per le carte
associate ai ricevitori certificati.
Non sembra quindi del tutto soddisfatta la prescrizione
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che
impone di associare la smart card a "differenti
apparati di ricezione".
Mancano inoltre indicazioni su quali tipi di decoder la
smart card possa essere usata (tipo di codifica che deve
essere supportata dal ricevitore o uso di un Common
Access Module ecc.). Si rischia quindi di acquistare una
tessera e poi scoprire che non funziona, senza neanche
il supporto di un'assistenza tecnica
post-vendita.
In Televisione
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Par condicio: se l'Italia
fosse l'America... |
Luigi Fraccaroli - 16.02.10
Ti inoltro la mail con cui Marco Beltrandi spiega che il regolamento
sulla par condicio non è la brutta cosa che hai descritto in MCreporter 403 del 15 febbraio 2010.
Non saprei decidere. Quale approccio consiglieresti?
Luigi Fraccaroli, Brescia
Gli approcci possibili sono molti, ma una
"distrazione" di Beltrandi costituisce un buon
punto di partenza. Beltrandi cita come esempio i
dibattiti televisivi che precedono le elezioni
presidenziali americane (e non solo queste, aggiungo
io). Peccato che negli USA non esista alcuna legge che
lo impone. Anzi, il Congresso "non può" fare
leggi che limitino la libertà di espressione, come
recita il Primo Emendamento della Costituzione. Dunque
non c'è una legge sulla par condicio, né sulla
professione di giornalista (che è libera), né
sull'obbligo di registrare le testate presso i
tribunali... E tanto meno regolamenti come questo.
Negli Stati Uniti le regole per i dibattiti televisivi sono concordate dai
collaboratori dei candidati con i responsabili delle
trasmissioni. Tutto qui.
Perché in Italia non si può fare, perché c'è una
(brutta) legge sulla par condicio? Perché la
televisione è direttamente o indirettamente sotto il
controllo di una sola parte politica e quindi servono
regole per evitare che la voce dell'altra parte sia
soffocata.
La legge sulla par condicio non basta, perché non è
negli ultimi giorni di campagna elettorale che si
formano le opinioni degli elettori. Sono molto più
efficaci lo stillicidio di informazioni addomesticate,
le notizie taciute, la proposta di modelli sociali e
culturali, che pervadono le nostre televisioni per
trecentosessantacinque giorni l'anno.
Il regolamento della Commissione è l'esasperazione della legge, toglie qualsiasi autonomia e
quindi qualsiasi dignità ai giornalisti (almeno a quei pochi che ne
conservano un po'). Vieta l'approfondimento, cioè lo stimolo a capire, e lo
sostituisce con una sequenza di dichiarazioni e di slogan.
Se la "comunicazione politica" si risolve in un mese di comizi, la gente non
capisce più niente. Occorre "informazione". Ma, guarda un po', il regolamento
considera "informazione" solo quella col bollino di Stato, che si chiama
"testate registrate". Con il loro equipaggio di raccomandati che, anche se sono
bravi, devono comunque rispondere al loro raccomandante.
In conclusione: bene le tribune equamente ripartite, bene l'obbligo di
equilibrio nell'informazione. Ma no al bavaglio alle trasmissioni che fanno
riflettere. Né Santoro né Floris hanno mai invitato solo ospiti di sinistra:
pongono problemi e suscitano dibattiti che aiutano gli spettatori a formarsi un'opinione.
Per evitare squilibri dovrebbe bastare la coscienza
professionale dei "cani da guardia del
potere", dei giornalisti, se fossero scelti sulla
base della loro professionalità, invece che
"lottizzati". Così si fanno norme ipocrite,
che hanno come unico effetto quello di imbavagliare i
pochi residui di informazione critica, di
approfondimento, di "giornalismo" nel senso
più profondo della parola.
Con regolamenti come quello stilato da Beltrandi si pongono
vincoli inaccettabili, esercitando una censura tanto
più grave quanto mascherata da un'apparenza di
imparzialità.
E pensare che un tempo i radicali si definivano
"libertari"!
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